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Aggiornato: 17 giugno 2025
«È assai strano,» rispondeva quel senatore, «sentite: è uno dei fogli trovati stasera nella gola del leone.» «Un'accusa?» «Un'accusa.» «Contro chi?» «Sentite. Se l'eccelso consiglio dei Dieci avesse a suo tempo tenuto d'occhio a ciascun passo del glorioso ammiraglio, a quest'ora ne saprebbe di belle.» «Oh!... questa è curiosa!» «Non c'è altro?» «No.» «Il caso è molto strano.»
Egli rese grande servigio a Roma, quando uscì nella ridicola guasconata «Les Italien ne se battent pas» la quale fece affluire al cuore il sangue caldo del popolo di Roma, e mise gl'italiani in obbligo di provare che colui aveva mentito per la gola.
la gola, il sonno e l'oziose piume, i cambiati caratteri, il pensare; chiaro de' paladini v'è il costume, delle dame e del popolo volgare: tutto è confusion, buio, bitume, cecitá, boria, lussuria, usurpare, debito, inganno e fervido maneggio per far le cose andar di male in peggio.
Io baciai affettuosamente la medaglia, ella se la ripose in seno, e camminammo lungamente in silenzio. Sentivo qualche cosa che mi strozzava la gola e mi toglieva la facolt
Un vero poema.... paradisiaco! e gli occhi del direttore s'incontravano in quelli della cuoca, e sfavillavano insieme per la lussuria della gola. Poi uscì di casa: andò a passeggiare per Milano. Voleva far vedere a quei pezzenti della Costituzionale, che lui era sempre vivo! Vivo più che mai!... Era gongolante, raggiante.... Avrebbe fondato subito un altro giornale "Il Fara-Bon!"
Aveva egli commesso il governo di Lodi al suo prediletto figliuolo naturale Bruzio, giovane studioso di lettere, ma immerso a gola in ogni turpitudine. Sotto la costui balìa accadde che un gentiluomo lodigiano uccidesse un altro, onde fu preso e condannato nel capo.
Drollino non aveva certo una così perversa intenzione; si sforzava, poveretto, a parlare; ma la parola strozzata dall'inquietudine, gli moriva in gola. Pap
Naturalmente egli non sospettava che tiro gli giuocasse, all'alba ed al tramonto, quella birba di stornello incaricato dell'ambasceria; egli non l'udiva nei due crepuscoli ripetere con quanto fiato aveva in gola; «non è lui, non è lui!» parlando appunto di lui, altrimenti.... La bella, che lo stava ad ascoltare estatica delle ore intiere, vi attingeva non so qual forza virtuosa di tirare in lungo, di dire ad ogni volta: «non oggi, non oggi.» E il non oggi doveva essere scritto a grossi caratteri nel sorriso di Ernesta; le occhiate, i silenzi, le strette di mano, dovevano ripeterlo con un accento che gettava brividi di volutt
Io voglio dirti che si può cadere Con la mota alla gola, E non aver più amici, e non avere Più una sola, una sola Creatura che in noi creda, o qualcuno Che ci aiuti la croce A portare: esser nudo, ed esser uno Davanti a la feroce Ignoranza dei tempi e de le genti, A lo scherno dei vili, A lo spietato insulto dei potenti, Degl’invidi agli stili
LECCARDO. Cosí privasti il mondo di quella montagna. Ma quella che ci è adesso, che montagna è? MARTEBELLONIO. Oh, sei fastidioso! ascolta se vòi, se non, va' e t'appicca. LECCARDO. Ascolterò. MARTEBELLONIO.... Ella dicea aver vinto il gioco, perché era imboccato il ballonetto: la presi per la gola con duo diti e l'uccisi come una quaglia, talché non è piú viva ed io son rimasto nel suo ufficio.
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