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Aggiornato: 7 giugno 2025
Sono io qui, e c’è mia figlia. Stavamo per venire a cercarti. Gherardo Ismera. Eccomi. Egli ha gi
Parla con una sorta di malinconia pacata e lucida, con una sicurezza grave, con qualcosa d’un artefice che abbia un suo modo risoluto di prendere la materia della vita e di trattarla da sobrio maestro. Giana. È questa la cagione del suo male? Gherardo Ismera. Per qualche tempo ho seguito con grande attenzione la piccola anima misteriosa.
GHERARDO. O Spela, quanto sarei stato contento s'io fusse costei! SPELA. Perché avreste, forse, provati molti mariti, ove non avete provato se non una moglie? O pur il dite per altro? CLEMENZIA. E quanti mariti ho io provati, Spela? che Dio te faci spelar da le mosche! Hai tu forse invidia di non esser stato un di quelli? SPELA. Sí, per Dio! ché la gioia è bella, almanco.
VIRGINIO. Dio gli facci di bene. STRAGUALCIA. Tocca prima a voi e poi a Dio. Bevete, gentiluomo. GHERARDO. Non accade. STRAGUALCIA. Per gentilezza, entrate drento, tanto che Fabrizio torni; e, poi che la cena è in ordine, cenaremo qui, questa sera. PEDANTE. Questo non è forse male. GHERARDO. Io vi lasciarò, ché ho un poco di facenda a casa. VIRGINIO. Abbi cura che colei non si parta.
Gherardo Ismera. Mia povera donna, quest’ombra non basta. Anche la notte sarebbe troppo chiara. E che altro vorrei fare, che altro potrei, se non velarmi la faccia ed entrare nel silenzio che tutto assolve e tutto cancella? V’è un’anima che non potr
Gherardo Ismera. Che gioverebbe mentire? E che potrebbe ormai avvenirmi, che gi
GHERARDO. Non ci vo per altro. VIRGINIO. Gli è tua; fanne a tuo modo; per me, te ne do licenzia. GHERARDO. In fine, e' non si possono aver tutti i contenti. Pazienzia! Ma, s'i' veggo bene, questa è Lelia che sará uscita fuora. Quella da poco della fantesca l'ará lasciata fuggire. LELIA da ragazzo, CLEMENZIA balia e GHERARDO. LELIA. Parti, Clemenzia, che la Fortuna si tolga giuoco del fatto mio?
Una testimonianza. Gherardo Ismera. Quella del vostro delirio? Mortella. Quella della mia anima bastava a me. Di dentro, dal profondo, con l’anima sveglia, col solo mio dolore, avevo scoperta la verit
GHERARDO. Perché? SPELA. Perché giá cominciate a fare a suo modo. Le brache saran pur le sue. GHERARDO. Vanne alla buttiga di Marco profumiere e comprami un bossol di zibetto, ch'io voglio andare in su l'amorosa vita. SPELA. I denari ove sono? GHERARDO. Eccoti un bolognino. Va' presto. Io m'avvio a casa. SPELA servo e SCATIZZA servo di Virginio.
GHERARDO. Io ho il malan che Dio ti dia. Che febbre! Io mi sento pur bene. SPELA. Dico che voi avete la febbre: lo conosco ben io, certo; e grande. GHERARDO. So ch'io mi sento bene. SPELA. Duolvi il capo? GHERARDO. No. SPELA. Lasciatemivi toccare un poco il polso. Duolvi lo stomaco o pur sentite qualche fumo andare al cervello? GHERARDO. Tu mi pari una bestia. Vuo' mi far Calandrino, forse?
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