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Aggiornato: 9 giugno 2025
60 Concetti foste da Ruggier secondo: vi fu Galaciella genitrice, i cui fratelli avendole dal mondo cacciato il genitor vostro infelice, senza guardar ch'avesse in corpo il pondo di voi, ch'usciste pur di lor radice, la fer, perché s'avesse ad affogare, s'un debol legno porre in mezzo al mare.
Udìa Eleardo il prolungato grido Del supplice canuto, ed il veloce Corso intanto seguìa. Ma benchè sordo Paresse e irreverente, a lui que' detti Eran quai dardi all'anima commossa, E vïolenza a sè medesmo ei fea Non fermando il suo corso, e non volgendo Il piè per rigittarsi alle ginocchia Del caro supplicante. Il pro' Eleardo S'ostinava per varii ignoti impulsi A ritornar fra i collegati duci, Cercando creder ch'ei virtù seguisse, Ed Ugo fosse un tentatore, un cieco D'errori amico. Intende il cavaliero Ad ogni vil tentazïon lo spirto Incolume serbare: idolo intende Virtù, virtù, non larva farsi alcuna! Virtù vuol ravvisar, virtù secura Nelle giurate splendide fortune, Che il re Angioìno ai Saluzzesi e a tutta La penisola appresta. Ei quel monarca Ed i suoi capitani, e più Manfredo Vuol reputar veraci eroi. Ma pure.... Ad onta del proposto, il sen gli rode Nascente dubbio irresistibil. Cela Questo dubbio, ma il porta, e così giunge Turbato, afflitto ai Manfredeschi brandi. A molti il cela, sì, non a sè stesso; E ondeggia alquanto, indi neppur celarlo Può al genitor della donzella amata, Guerrier, cui lo stringea più che ad ogn'altro Pia reverenza. E sì gli parla: Oh Arrigo! Appartiamci, m'ascolta: allevïarmi D'occulta angoscia non poss'io, se teco Non ne ragiono come a padre. Il fero Barone attento il mira, e con presaga Severit
Poi che dannato, ed al parente estinto Pagò sue pene sostenendo esiglio, A suo mal grado abbandonò Tirinto Tlepolemo d'Alcide inclito figlio; Molto per varia via spinto e rispinto, Al fin Rodi abitar prese consiglio; Quivi dal lungo error fermò suoi piedi Gran genitor di numerosi eredi.
Nel mezzo de' bei campi alma sorgea Pianta, pregio ed onor de l'altre piante, Che ne' bei frutti suoi virtù chiudea Da render l'uomo a non morir bastante; Sorgea presso di lei, membranza rea Del primo genitor poco costante, Quella cui di gustar fessi il divieto, Ma fu posto in obblio l'alto decreto.
Or che la porti il paladino, parme; e di qui vien ch'egli ha sì grande ardire. Ben penso, se con lui posso accozzarme, fargli il mal tolto ormai ristituire. Cercolo ancor, che vendicar disio il famoso Agrican genitor mio.
Poi del Giordano a le paterne sponde Fassi veder da l'orrida foresta, Ove gridando infra le turbe immonde L'erto cammin de la salute appresta; Evvi, ch'umile al Redentor diffonde Limpido rio su l'adorata testa; Evvi, che d'alto il Genitor rimbomba; Evvi fra lampi d'or l'alma colomba.
Su questo tema Salomon Fiorentino, valente poeta nostro correligionario, dettava un magnifico sonetto col quale, ricordando il fatto di Davide che piange amaramente il tristo figlio che tento di rapirgli e regno e vita, termina colla seguente terzina che ci piace di rapportare: «Oh del figlio inuman se un padre ha cura La legge parli minacciosa al figlio Che dolce al genitor parlò natura».
Al così favellar doglia profonda D'alto gelo a Sultana empie le vene; Indi si scote; e su l'eburnea sponda L'afflitta guancia con le man sostiene: Oh per me, disse alfine, ora gioconda, Se come a far m'accinsi, uscia di pene Col ferro allor che 'l genitor mio sparse L'alma canuta, e che la patria s'arse.
SCI. Se qui vivon gli eroi Che alla patria giovar, tra queste sedi Perché non miro il genitor guerriero? PUB. L'hai su gli occhi e nol vedi?
Parola Del Giorno
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