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Aggiornato: 26 luglio 2025


PEDANTE. Per cosí nefando flagizio meritaresti che fussi legato in un asino al roverscio, con le braccia recinte al tergo, disnude, e poi da uno inflammabondo e irabondo carnefice instantemente con un flagello acuto fussi gastigato e con belluina rabie cruentato, adeo ut, usque donec, finché querulo, miserabili eiulatu, efflassi la tua nefanda animula.

DON FLAMINIO. Benissimo, meglio che s'io fussi stato nel tuo cuore o tu nel mio. LECCARDO. Che dici del capitano, del suo non aspettato e fattoci beneficio? DON FLAMINIO. La fortuna non ha ingannato punto il nostro desiderio. LECCARDO. Mai mi son compiaciuto di me stesso come ora, tanto mi par d'aver fatto bene. DON FLAMINIO. Te ne ho grande obligo. LECCARDO. Ne avete cagione.

A cotal voce rivoltai la faccia, ed ecco un uomo lieto, grasso e bello mi sovraggiunge e stretto a m'abbraccia. S'io gli fussi figliol, padre o fratello, io l'addimando vergognosamente. Chi fusse, egli rispose immantenente. Epicuro conveniens sententia.

E il peggio è, che hai detto mal di lui al capitano... GULONE. Possa digiunar un mese, se è vero. TRINCA. Giurane su questa orecchia d'asino! GULONE. Ho sempre dubitato che fussi un asino; ma or che me ne mostri l'orecchio, ti stimerò tale da oggi avanti.

E pensi tu, dolente, se io rea femina fussi come tu reo omo sei, che modo mi mancasse da sollazzarmi con altro come tu con altra ti sollazzi? Non credere: perché io vecchia brutta sono che rifiutata fussi, se piú a me stessa che alla tua gaglioffezza rispetto non avessi avuto. Vivi sicuro che ben vendicata mi sarei contro a colei che a canto ti trovai. Ma va' pur .

MANGONE. Comprare schiavi e schiave belle e venderle poi a' giovani che se n'innamorano. CAPITANO. Come se dicessi ruffiano. MANGONE. Come se tu lo dicessi e io ci fussi. Non mi vergogno dell'arte mia; ma qual arte è la tua? CAPITANO. Di corseggiar mari e lidi de' nemici e andar facendo prede.

ESSANDRO. Sei tu tanto ingordo del mio sangue? GERASTO. Non è sangue che si sparga con maggior dolcezza di questo. ESSANDRO. Abbi pietá della mia gioventú! GERASTO. Tu della mia vecchiezza! ESSANDRO. Avertite che sono nobile. GERASTO. Se fussi di schiatta d'imperadori, non lascierei di far quello che m'ho proposto di fare.

Ma se tu fussi buono, el faresti; ma, perché tu se' gattivo, non sai riprendere ti dispiace il difecto altrui. Tu dispregi gli umili e virtuosi poveregli. Tu li fuggi: ma tu hai ragione di fuggirli, poniamo che tu nol debba fare; tu li fuggi perché la puzza del vizio tuo non può sostenere l'odore della virtú. Tu ti rechi a vile di vederti a l'uscio e' miei poveregli.

BALIA. Ti chiamo cosí, Cintio, angeluzzo mio polito, ché se non fussi di cosí barbara e discortese natura, i tanti chiari e vivi segni, che hai conosciuti dell'affezion di Lidia, arebbono fatto teco alcun frutto. CINTIA. Deh! che la cagion d'ogni mia doglia è che fui di natura troppo piacevole e cortese che subito apprese e fece frutto.

Vorrei io esser lui, ché conoscendo quella bellezza che in voi singular si scuopre, i divini costumi e l'onestá, ricco tesoro di grazie, mi terrei felicissimo; quando una sol volta fussi mirato da voi, saresti osservata e riverita da me, qual si conviene al vostro merito. CLERIA. Mi vergogno non essere come tu dici, solamente per piacergli.

Parola Del Giorno

serafica

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