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Aggiornato: 15 luglio 2025
Poi comincio`: <<Tu vuo' ch'io rinovelli disperato dolor che 'l cor mi preme gia` pur pensando, pria ch'io ne favelli. Ma se le mie parole esser dien seme che frutti infamia al traditor ch'i' rodo, parlar e lagrimar vedrai insieme. Io non so chi tu se' ne' per che modo venuto se' qua giu`; ma fiorentino mi sembri veramente quand'io t'odo.
Il cartello della mensa cominciava con oeufs brouillés aux truffes e finiva col punch frappé passando attraverso a dei rougets grillés, a uno squisito filet de chevreuil e a piatti riboccanti di frutti e di confetture.
Mio padre, mia madre e Bertrando dormono,» soggiuns'ella chiudendo la porta. «Siccome voi non avete cenato, vi ho portato uva, fichi, pane ed un bicchier di vino.» Emilia la ringraziò, ma le fece conoscere che si esponeva al risentimento di Dorina, quando si fosse accorta della mancanza dei frutti. «Riprendeteli, Lena,» le disse, «io soffrirò meno a non mangiare, che se sapessi doveste domani esserne sgridata da vostra madre.
FILOCRATE. Quando fia mai l'ora per me tanto felice che, legati d'eterno nodo, di tante fatiche e tanti stenti al fin mi sia concesso cogliere i dolci frutti? Aimè! ch'io temo, sí come mi cognosco al tutto indegno d'un tal tesor, che non mi sia negato da la mia sorte. CALONIDE. Lascia andar da canto queste tuoi leggerezze. Ora attendiamo che si dia fine.
Udivam, ne 'l silenzio, a quando a quando cader su l'acqua i frutti, ed i paoni schiamazzare tra i rami a noi su 'l capo; fin che vinceane il Sonno. E de 'l profumo agreste come de 'l calor d'un vino si nutrivano i sogni dilettosi. Un dì, come il silenzio alto ne' campi regnava, a mezzo il giorno, e tra le messi cantavano i servili uomini un inno a l'abondanza de 'l rinato pane,
ATTILIO. Anzi, piú trattar e conversar con lei senza sospetto; e sarò un nuovo Tantalo, star affamato in mezo i frutti che li pendono intorno, e assetato in mezo l'acqua. EROTICO. S'è forse scoverto che non sia vostra sorella? ATTILIO. Anzi, perché s'è scoverta mia sorella. EROTICO. Di che dunque vi dolete, s'è creduto quello che con tanta diligenza avete finto?
Alla terra!... alla terra!... Laceriamo Il seno e i fianchi de la Madre antica: Il tesoro dei frutti a lei strappiamo E de la gonfia spica: Vogliam nembi di rose e vogliam pane E dolci vini dal sorriso biondo!... Libera scorra la dovizia immane A rotoli pel mondo, E ovunque arrida: a la soffitta oscura, Al palagio sorgente in mezzo ai fiori: Tutti figli siam noi de la Natura, Tutti lavoratori.
TEODOSIO. Che dimande son queste? Un canchero! CAPITANO. Por ti es buen pasto que has comido. TEODOSIO. Cacasangue! CAPITANO. Buen provecho. TEODOSIO. Voi vi fate beffe di me: cosí s'adempie l'uffizio della giustizia? LAMPRIDIO. Vòltati qua, gli alberi che fioriro l'estate che verrá, che frutti produrranno la primavera passata? TEODOSIO. Produrranno una forca dove fosti appiccato!
FILOCRATE solo, FRONESIA. FILOCRATE. Di quanto amaro, Amor, temprasti il mele! di quanto assenzio che, per farmi al mondo unico esempio d'ogni sventurato, gustar mi festi! Ahi! Qual veleno e tòsco nel core i dolci frutti recato hanno! Di quanto fel, di quanto acerbo ed acro opprimen l'alma! Oimè, lasso!
196 Orlando un suo mandò sul legno, e trarne fece pane e buon vin, cacio e persutti; e l'uom di Dio, ch'ogni sapor di starne pose in oblio, poi ch'avvezzossi a' frutti, per carit
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