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Aggiornato: 15 luglio 2025
Come il Fregoso vide in tal guisa avviato il lavoro del Campora, mandò sotto le mura un araldo. Allo squillar della tromba, Antonio Del Carretto, il difensore del castello, si affacciò sulle macerie.
Questo almeno credeva, e non era de' suoi errori il più grave; dovendosi avere per tale la speranza in lui nata e cresciuta che simili pratiche fossero fatte da senno. Ma egli s'era fondato sulla morte di Giano Fregoso, avvenuta in dicembre, dopo una malattia di tre mesi, e sulla elezione a doge del fratello di lui Ludovico, generalmente creduto meno avverso ai Carretti. Ora di che tempra fosse Ludovico Fregoso e che potesse Galeotto aspettarsene, sar
Li lasciarono adunque e tornarono nelle mura, carichi di bottino e di gloria. Messer Pietro Fregoso, per la prima volta dacchè era venuto all'impresa del Finaro, si morse le labbra, e sino a far sangue; tanto fu la sua stizza per l'audacia del marchese e per la nissuna vigilanza de' suoi. In quel mezzo, giungeva il Sanseverino colle venticinque lancie e la promessa di nuovi aiuti di Francia.
Messer Pietro Fregoso gli mandò a dire, per uno de' prigioni fatti in quello scontro e resi secondo il costume in cambio di altrettanti genovesi, che badasse a custodir bene la sua persona o volesse dare frattanto gli estremi conforti alla sua gola; imperocchè egli si prometteva di farlo impiccare al trave dell'ultima torre che rimanesse in piedi al Finaro.
Dolse ai genovesi lo sfregio sul mare, più che non avessero potuto gli altri danni molteplici in terra; perciò fu deliberato di trarne vendetta sollecita, e tanto più allegra, in quanto che, essendo al termine di sua fortuna, e altresì di sua vita, il Visconti, ed ospite di Galeotto essendo il fuoruscito Barnaba Adorno, antico doge, balzato di seggio da Giano Fregoso in quell'anno, i vecchi nodi coi nuovi pareano stringersi al pettine, e molti torti si vendicavano in uno.
In quella che Tommaso Sangonetto sta almanaccando insieme coll'oste dell'Altino, per trovar modo di sapere le cose avvenute e di foggiarvi su una credibile invenzione, andiamo noi per la spiccia e vediamo che ambasciata portasse messer Pietro Fregoso alla corte di Galeotto, marchese del Finaro.
Fu un colpo disgraziato! diceva il prode Tommaso. Ed io non ho potuto ricattarmi sul compagno del Fregoso, perchè non avevo meco che questo coltello da caccia. Bravi giovani! sclamò il dabben gentiluomo. Ma dimmi, è così grave la ferita, che il nostro Pico non possa muoversi dall'Altino? Oh, non dico questo, magnifico messere; su d'una lettiga si potr
Che pensare di ciò? Un giorno gli venne in mente che ella sapesse la cagione del suo duello col Fregoso. Volea sincerarsene; ma le parole gli morirono sul labbro. E poi, come si è detto, madonna Nicolosina non era mai sola al suo capezzale. E voleva altresì domandare del Cascherano. Che c'era egli di vero in quella chiacchiera di mastro Bernardo, che aveva fatto nascere il guaio?
Non è Genova che vuol questa guerra, soggiunse Barnaba Adorno, infiammato di sdegno, io lo attesto. Pietro Fregoso stava per dargli risposta; ma Galeotto lo trattenne col gesto.
San San Giorgio e Carretto! San Giorgio e Fregoso! Eran questa le grida che cozzavano insieme, come le mazze e le spade, facendo un chiasso indiavolato. Vi pigli un canchero! brontolò Giovanni di Trezzo. Il premio sarebbe ancora in sospeso?...
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