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Aggiornato: 14 luglio 2025


veggendo Roma e l’ardüa sua opra, stupefaciensi, quando Laterano a le cose mortali andò di sopra; ïo, che al divino da l’umano, a l’etterno dal tempo era venuto, e di Fiorenza in popol giusto e sano, di che stupor dovea esser compiuto! Certo tra esso e ’l gaudio mi facea libito non udire e starmi muto.

veggendo Roma e l'ardua sua opra, stupefaciensi, quando Laterano a le cose mortali ando` di sopra; io, che al divino da l'umano, a l'etterno dal tempo era venuto, e di Fiorenza in popol giusto e sano di che stupor dovea esser compiuto! Certo tra esso e 'l gaudio mi facea libito non udire e starmi muto.

L'imperatore Giovanni diede in isposa l'altra sua figlia, sorella della despina di Persia, al duca dell'Arcipelago Nicolò Crespo, da cui nacquero quattro figliuole maritate con altrettanti gentiluomini veneziani, cioè: Fiorenza con Marco Cornaro . Lucrezia con un Priuli. Valenza con Giovanni Loredano, e Violante con Caterino Zeno .

Ma conveniesi a quella pietra scema che guarda ’l ponte, che Fiorenza fesse vittima ne la sua pace postrema. Con queste genti, e con altre con esse, vid’ io Fiorenza in fatto riposo, che non avea cagione onde piangesse. Con queste genti vid’io glorïoso e giusto il popol suo, tanto che ’l giglio non era ad asta mai posto a ritroso, per divisïon fatto vermiglio». Paradiso · Canto XVII

Laurenziano XL. 10=, del 300, scritto a 2 colonne. Comincia il chanto primo de la prima parte, la quale si chiama inferno; nel quale capitolo fa l'autore proemio a tutta l'opera». Finito il Poema, la sottoscrizione: «Qui finisce la chonmedia di dante alleghieri di fiorenza. Finalmente il Commento: «Libro primo.

E a questo rispetto Genova sará la prima cittá in Italia, nella quale sia in perfezione questo accidente, per il quale vi sono tanti denari, che in nissuna cittá d'Italia ve ne sono tanti in particulare; e, dopo quella, Fiorenza, e, dopo, Venezia, nella quale, benché vi sia piú trafico che in tutte le cittá d'Italia insieme, nientedimeno a rispetto di questo accidente terrá lo terzo loco.

Godi, Fiorenza, poi che se' si` grande, che per mare e per terra batti l'ali, e per lo 'nferno tuo nome si spande! Tra li ladron trovai cinque cotali tuoi cittadini onde mi ven vergogna, e tu in grande orranza non ne sali. Ma se presso al mattin del ver si sogna, tu sentirai di qua da picciol tempo di quel che Prato, non ch'altri, t'agogna. E se gia` fosse, non saria per tempo.

Assediò Arrigo la cittá di Fiorenza; e ultimamente, vana vedendo la stanza, se ne partí e, non dopo molto tempo passando di questa vita, ogni speranza ruppe nel nostro poeta, il quale in Romagna se ne passò, dove l'ultimo suo , il quale alle sue fatiche doveva por fine, l'aspettava.

E il simile si dice del scudo di lire sette e mezza di Fiorenza, quale d'argento è vero che valea in Napoli carlini dodici e meno, ma d'oro valea piú di tredici.

E come ’l volger del ciel de la luna cuopre e discuopre i liti sanza posa, così fa di Fiorenza la Fortuna: per che non dee parer mirabil cosa ciò ch’io dirò de li alti Fiorentini onde è la fama nel tempo nascosa. Io vidi li Ughi e vidi i Catellini, Filippi, Greci, Ormanni e Alberichi, gi

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