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Aggiornato: 11 giugno 2025
ERASTO. Ma che dolcezze eran le vostre di goder quel corpo di cui l'animo non concorreva col piacere con voi? godevate un cadavero. CINTIA. Vuol la ragione che chi è amato ami, se non vuol essere ingannato. ERASTO. Nello amore non bisogna assegnar ragioni, perché è libero. CINTIA. Voi dunque perché ne assegnate tante contro di me?
L'etá e la natura han fatto lor corso; ché s'è innamorata di lui, e dubitando non esser rifiutata da lui l'ingannò: dandogli ad intendere che giaceva con Amasia di cui egli stava invaghito, giacque seco e n'è pregna. Erasto chiedendo Amasia a Pedofilo ostinatamente, questi l'ha fatto veder ch'è maschio; onde tenendosi beffeggiato da Cintio, l'ha disfidato ad uccidersi seco.
ERASTO. Non so come stiate di mala ciera, Cintio mio, e con un ventre gonfio: patite forse d'oppilazione o d'idropisia? CINTIA. Di cuor piú tosto; e i dolori son fatti meco sí familiari che non si partono da me mai e mi tengono oppresso cosí di corpo come d'animo. Ahi, ahi! ERASTO. Voi sospirate: certo che sète innamorato, e gli occhi ve lo manifestano. CINTIA. Ragionamo d'altro, di grazia.
Dove hai tu meco trattato mai? ERASTO. In camera e in letto. AMASIO. Tu non puoi esser gentiluomo né persona onorata, poiché in sul viso e in presenza di mio padre senza sospetto alcuno ardisci dir cose che non fûr mai per imaginazione, con tanto pregiudizio dell'onor mio.
CINTIA. Gli occhi vostri non devrebbono mai veder altro che voi stesso, perché non ponno mirar cosa piú bella di loro; e però devreste sempre tener dinanzi un specchio. ERASTO. Voi sète il mio specchio, ché mirando voi vedo tutto quel bello che posso veder qui in terra; e se pur vedete in me cosa che vi piaccia, vien dal reflesso della vostra bellezza. Ma lasciamo le cerimonie.
Dulone, dimmi, son morto o vivo? perché mi porti la morte o la vita nella tua lingua. DULONE servo, ERASTO. DULONE. Morto, arcimorto, piú di lá de' morti, ascoltate. ERASTO. Come vuoi che ascolti se dici che son morto? i morti non ascoltano. DULONE. Rivocate l'animo a voi mentre vi racconto quanto ho fatto.
CINTIA. Sará peggio, perché mio padre, sentendosi oltraggiato da mia madre per l'inganno usatogli, e poi oltraggiato da me nel fatto dell'onore, si sentirá due volte ingiuriato; né stimerá ch'io spinta da amor di marito abbia concesso il mio corpo ad Erasto, ma ben da lascivo o disonesto appetito; onde, fatta rea e suspetta appo mio padre di un vano appetito, non si terrá per pago se mi strangolerá con le sue mani.
SINESIO.... E sapete ancora che se i padri amano i figli naturalmente, quando sono poi virtuosi, sono sproni e stimoli alla nostra vita, che ne trapassano insino all'anima, di contentarli. Or ascoltate quanto mi detta il mio desiderio. Vorrei che deste Amasia vostra figlia per moglie ad Erasto, perché ne sta innamorato; ed io vi prometto non far molto conto della dote.
MITIETO vecchio servo di Arreotimo CINTIA giovane innamorata sotto abito di maschio Balia di Lidia AMASIO giovane sotto abito di donna PEDOFILO padre di Amasio SINESIO vecchio padre di Erasto e di Lidia LIDIA innamorata ERASTO innamorato DULONE servo di Erasto Capitano Balia di Cintia ARREOTIMO padre di Cintia. La favola si rappresenta in Napoli. MITIETO vecchio, CINTIA sotto abito di maschio.
ERASTO. Veramente la gentilezza e la cortesia di Cintio è incomparabile, e conosco che m'ama lealmente.
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