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ERASTO. Se non ragionamo de' nostri amori, di che ragioneremo noi? CINTIA. Dite il vero, ché a niuno appartengono quanto a noi. ERASTO. Quante dolcezze e gioie ho conseguito in questa vita, tutte l'ho conseguite per vostro mezo.

ERASTO. Non so come stiate di mala ciera, Cintio mio, e con un ventre gonfio: patite forse d'oppilazione o d'idropisia? CINTIA. Di cuor piú tosto; e i dolori son fatti meco familiari che non si partono da me mai e mi tengono oppresso cosí di corpo come d'animo. Ahi, ahi! ERASTO. Voi sospirate: certo che sète innamorato, e gli occhi ve lo manifestano. CINTIA. Ragionamo d'altro, di grazia.

LIMERNO. Dirotti la veritade, o Triperuno: questi capoversi, non usati mai da valentuomo veruno, poco a me sono aggradevoli e a gli altri sodisfacevoli, imperocché altro non vi si trova se non durezza di senso ed un impazzire di cervello. Ma ragionamo d'un'altra cosa di assai piú importanza di questa. Confessati meco, e non vi aver un minimo risguardo.

LIDIA. Come può amarmi se sa ch'io amo altrui? AMASIO. È tanto l'amor sviscerato che vi porta che, sapendo che voi non siate vostra ma d'altri, non lascia far cosa per liberarvi dall'amor di questo ingrato di Cintio. LIDIA. Come sapete voi che m'ami? AMASIO. Ragionamo spesso de' vostri amori. LIDIA. L'ho veduto io mai? AMASIO. Come avete veduto me. LIDIA. Ha ragionato meco mai?

PANIMBOLO. E li dái morte e sepoltura ad un tempo. DON FLAMINIO. Lasciamo i scherzi: ragionamo di Carizia, ché non ho maggior dolcezza in questa vita. LECCARDO. Ed io quando ragiono di mangiare e di bere. DON FLAMINIO. Narrami alcuna cosa: racconsolami tutto. LECCARDO. Ti sconsolerò piú tosto. DON FLAMINIO. Potrai dirmi altro che non mi ama? lo so meglio di te.

CECA. O farci sfregiare, o una cosa simile, ché non mancano loro, no, i sviati e i ribaldi, ché, Dio grazia, ne hanno le case ripiene; ch'i buoni non vi vogliano stare per ciò che sono inimici del vizio. RITA. Ragionamo de altro, adunque. CECA. Voltiamo questo canto qui, ché scortaremo un pezzo di strada. RITA. , de grazia, ch'io non vo' che me veda colui ch'esce di quella casa.