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In ogni atto e costume, Gentil, soave ell'era; Più bella ancor la sera, Quando, disciolto il crin, Della lucerna al lume, Con agil man seguiva La pulce che fuggiva Dal niveo petto al lin. Rivedo e bacio alfine Le cifre desïate, Le note profumate Che la sua man vergò; Fra i monti e le colline Fra i boschi e i laghi errante, Al suo lontano amante Clarina ancor pensò.

Ma sopra tutto ell'era stravagante giuocando alla bassetta al tavoliere, dove, per vie di dir, metteva su un fante quanti danar si ritrovava avere; poscia mandava il parolo e piú inante; perduti quelli, si facea tenere in sulla fede, e perdea quanto mai; s'io tel dico, lettor, nol crederai.

La veste di seta, senza nessun disordine apparente, seguiva ancora i bei contorni della persona; soltanto appariva spezzata la cintura di lamina d'oro onde, per dar grazia maggiore alla persona, ell'era solita avvolgersi i lombi, Pareva che taluno, stringendola alla vita e abbracciandola colla forza d'Ercole, le avesse fatto subire il supplizio d'Anteo. Lo stupore degli astanti crebbe sempre più.

E Varedo ricordava che la freddezza di Diana aveva cominciato sin da quando ell'era rimasta incinta di Bebè. La maternit

"Aimè! ... ell'era felice; aveva due alettine vellutate che la sollevavano nell'aria, poteva volare... che bella cosa! levarsi su, su, tra le nuvole ed ora..."

Più volte prima ell'era stata in procinto di ricordargli, al fine di placarlo, quella creatura per la quale, insieme a vivo amore, provava tanta vergogna; ma il rossore glielo aveva impedito e non ci volle meno dell'ultimo pericolo per costringerla. Ciò per altro non fu senz'effetto.

Così ell'era quasi sempre sola, e le due apparizioni regolari di Bardelli, alla mattina e alla sera, erano divenute una consuetudine della sua giornata. E poi, agli occhi di Diana, egli aveva il gran merito di esser desiderato da Bebè. Nelle sue bizze infantili, in mezzo alle sue lacrimette, fattesi, ohimè, tanto frequenti, la bimba lo chiamava, lo invocava: Elli! Elli!

Ell'era incantevolmente graziosa con lui; lo riceveva con vera e schietta gioia; non lo lasciava partire s'egli accennava di volersene andar più presto del solito. Ma se egli arrischiava un gesto, una frase di desiderio, una preghiera o non faceva mostra di capirli, o li vietava cogli occhi, colla mano, col broncio, o si sottraeva alle sue carezze.

Di nuovo Mario Vergalli era solo; solo nel salottino della Teresa. Dio, Dio! E non più tardi di ieri ell'era , seduta accanto a lui, ed egli la rivedeva nel suo pensiero, così dolce, così triste, così sofferente. Ed egli aveva osato esser brutale nel linguaggio e nei modi con la poveretta; aveva potuto lasciarsi trasportar dall'ira, dalla gelosia, dal cieco impulso dei sensi!

Mai, mai egli dimenticherebbe quelle parole ch'ell'aveva pronunziate con voce fioca e tremante, le ultime quasi ch'egli aveva udito da lei: «Voi, Mario, voi mi costringereste a chiamar la mia cameriera?...» Poco dopo, ell'era svenuta; la gente di servizio era accorsa; a lui s'era squarciata una benda dagli occhi, ed egli era fuggito via come un pazzo.... Non per questo ella s'era data la morte; pur quella era stata forse l'ultima goccia che aveva fatto traboccare il vaso.... E perchè aveva egli indugiato tanto a tornare?