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Aggiornato: 23 giugno 2025
Quando si rilevò, i suoi occhi apparvero lagrimosi, ma la passione che gli aveva sforzati al pianto era ormai trapassata: allo improvviso, come se la preghiera fosse stata una parentesi, tornando sopra l'ultimo discorso domandò a Rogiero: «Lo avete voi vendicato?» «No.» «Me ne duole.» «Nell'anno che viene, se mai ci sar
Non si era ancora arrivati al caffè che il giovine, confrontato il suo orologio con quello del caminetto, disse: Cari miei, bisogna proprio che vada. Me ne duole assai, ma non vorrei che Sua Altezza andasse a Cadenabbia e non ci trovasse.
Solo mi duole la morte della sventurata Gabriella. Sentii però che ella era molto sofferente, che poco forse le rimaneva di vita, e ciò contribuì a calmarmi; altrimenti la sua triste fine sarebbe stata troppo dolorosa per me. Era una infelice, signora; quel veneziano deve avervi narrata la sua storia. Sì.... e suo fratello? È partito stanotte con Dal Pozzo.
Colle donne ho le parole più facili; il mio estro s'accende; ma cogli uomini.... ah, cogli uomini, mi cascan le braccia. Farò quanto posso; ma prevedo male. Oh brutto, questo Valerio! Mi duole perfino ch'ei porti il nostro nome. E Fulvia gli ha da voler bene? Fulvia è sorella a Catone; catoneggia anche lei. Lo credi? Ma!.... E tu? Io credo che la donna è ciò che vuole; e l'uomo la segue.
Si dimentica il tempo in vostra compagnia, signor Salvani; e veramente mi duole di non avervi ancora parlato di quella tal faccenda per la quale vi avevo pregato di venire da me. Oggi intanto non sarebbe più tempo. Venite domani? Se così vi aggrada, rispose Lorenzo sollecito. E se così aggrada a voi, soggiunse la contessa. Oh, di questo potete esser certa, signora.
Mi duole veder questo signore così contrario ad una riparazione. E l'ufficiale aggrottò alquanto le sopraciglia. Il conte, benchè si sentisse tratto a temere più di lui, lo rassicurò invece. Donna Livia lo avrebbe certamente approvato. Ella, se anche i figli dei cavaliere dell'Isola avessero rinunciato, non avrebbe permesso che il duca conservasse a lungo ciò che loro spettava.
L'atto ha termine con un soliloquio di Dushmanta, il quale, riandando i momenti passati, si duole d'essere stato troppo timido, ed intanto si pasce delle dolci memorie che in lui destano il sasso su cui sedeva Sacontala, i rami del vetasas che formavano come una pergola sul capo di lei, la foglia di ninfea ch'ella teneva nelle mani, ecc. ecc. ecc. |Anusuya|. O Priyamvada!
Ghita, anima buona, sa Iddio se mi duole di voi. Ma siamo giusti, forse ci avete avuto dalla vita assai più che non vi riprometteste nei vostri sogni di vergine, ed io penso che voi non abbiate avuto mai una idea molto chiara della vostra infelicit
E gli farò ogni fede ch'ella vorrá di non arrivar mai dove lei sia. E voglio che glie lo dica tu, a ogni modo. LELIA. Oimè! FLAMMINIO. Che hai? Par che tu venga meno. Che ti senti? LELIA. Oimè! FLAMMINIO. Che ti duole? LELIA. Oimè! Il cuore. FLAMMINIO. Da quanto in qua? Appoggiati un poco. Duolti forse il corpo? LELIA. Signor no. FLAMMINIO. E forse lo stomaco ch'è indebilito?
C'era una volta, c'era una volta un figliol d'un re, giovine e bello come l'abete del bosco sovr'alta montagna. Or ei tolse in moglie una fanciulla del villaggio, una fanciulla rumena, cara a tutto il vicinato, con faccia soave lucente, con persona tenera flessuosa come il fiore dei campi nella luce del sole. Ecco gli è giunta lettera grande [con ordine] di partire, di andarsene al campo. Nell'anima e' si duole, e parla cosí:
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