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Chi mi salva da questa sciagura? Dushmanta non sa piú contenersi, e, sbalzando fuor dell'albereto, si presenta alle donne. Sparita l'ape, Anusuya e Priyamvada usano a lui le accoglienze prescritte dall'ospitalitá, gli offrono frutti e fiori e lavacri pe' suoi piedi, e molli foglie di septaperna su cui riposarsi.

L'atto ha termine con un soliloquio di Dushmanta, il quale, riandando i momenti passati, si duole d'essere stato troppo timido, ed intanto si pasce delle dolci memorie che in lui destano il sasso su cui sedeva Sacontala, i rami del vetasas che formavano come una pergola sul capo di lei, la foglia di ninfea ch'ella teneva nelle mani, ecc. ecc. ecc. |Anusuya|. O Priyamvada!

A ciò che prima avresti temuto come fiamma, or puoi accostarti come a gemma preziosa. La verginale modestia di Sacontala mal soffre i lunghi discorsi delle compagne sue col re. Ella s'alza e sta per andarsene. In virtú d'un accordo pattuito tra Priyamvada e Sacontala, quest'ultima aveva obbligo d'innacquare altri due arboscelli. Però Priyamvada, giovandosi di tale pretesto, cerca di trattenerla.

È vero, l'amica nostra è felice: s'è maritata, è vero, secondo i riti de' gandharvas ad uno sposo pari a lei per dignitá e per meriti. Eppure il cuor mio non è senza angustie per amore di Sacontala, e mi tormenta un dubbio... |Priyamvada|. E che dubbio è il tuo, Anusuya? |Anusuya|. Questa mattina, compiute le mistiche cerimonie, i nostri eremiti pieni di gratitudine diedero commiato al re.

|Sacontala|. M'è dolce il pensiero di dover rivedere lo sposo mio; , m'è dolce... Eppure il piede mi vacilla nell'abbandonare questo bosco, questo asilo della mia giovinezza. |Priyamvada|. Oh! non sei giá mesta tu sola. Or che il momento della tua andata è vicino, mira qui come ogni cosa è afflitta! L'antelope non istá piú brucando intorno al mucchiarello d'erba cusa.

Egli se n'è ito alla capitale, ad Hastinápura , dove, circondato da cento donne, ne' recessi del suo palazzo, chi sa se ancora serberá memoria della leggiadra sua sposa? |Priyamvada|. Datti pace: non temer nulla. Confida nell'onore d'un uomo gentile ed educato alla sapienza... Ma un altro timore suggerisce a Priyamvada: Canna è tuttavia lontano: nulla sa del matrimonio di Sacontala.

Non privartene dunque gli risponde Priyamvada; la tua sola parola vale a scontare il debito di Sacontala. E, ridato a lui l'anello, si rivolge a Sacontala, dicendole ch'ella debb'essere grata allo straniero, e può andarsene a posta sua. Ma Sacontala non sa piú risolversi alla partenza.

Che nuova prosperitá mai vuol promettermi questo augurio? Egli sente voci femminili; va spiando; vede alcune fanciulle recare acqua per ristoro de' loro arboscelli; le contempla, e gli paiono piú amabili assai delle belle donne della sua corte. Sacontala, accompagnata dalle due ancelle ed amiche, Anusuya e Priyamvada, va a versare acqua sui fiori ch'ella ha prediletti.

|Anusuya e Priyamvada|. Ahi! ahi! E di noi chi avrá cura? Piangono entrambe. |Canna|. Sono superflue le lagrime, o Anusuya. La nostra Sacontala ha bisogno d'essere rinvigorita dal nostro coraggio, e non giá d'essere intenerita dai nostri lamenti.

Anusuya e Priyamvada interrogano amorosamente la vergine sulle cagioni de' mali ond'ella è oppressa. A loro non sembra vero che quelli provengano dal solo caldo eccessivo della stagione. Sacontala, vinta dalle preghiere di quelle pietose, confessa i segreti del suo cuore.