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Aggiornato: 17 giugno 2025
«O amanza del primo amante, o diva», diss’ io appresso, «il cui parlar m’inonda e scalda sì, che più e più m’avviva, non è l’affezion mia tanto profonda, che basti a render voi grazia per grazia; ma quei che vede e puote a ciò risponda. Io veggio ben che gi
e volgeami con voglia rïaccesa per domandar la mia donna di cose di che la mente mia era sospesa. Uno intendëa, e altro mi rispuose: credea veder Beatrice e vidi un sene vestito con le genti glorïose. Diffuso era per li occhi e per le gene di benigna letizia, in atto pio quale a tenero padre si convene. E «Ov’ è ella?», sùbito diss’ io.
«O anima», diss’ io, «che par sì vaga di parlar meco, fa sì ch’io t’intenda, e te e me col tuo parlare appaga». «Femmina è nata, e non porta ancor benda», cominciò el, «che ti far
«Oh», diss’ io lui, «or se’ tu ancor morto?». Ed elli a me: «Come ’l mio corpo stea nel mondo sù, nulla scïenza porto. Cotal vantaggio ha questa Tolomea, che spesse volte l’anima ci cade innanzi ch’Atropòs mossa le dea. E perché tu più volentier mi rade le ’nvetrïate lagrime dal volto, sappie che, tosto che l’anima trade
«Omai», diss’ io, «non vo’ che più favelle, malvagio traditor; ch’a la tua onta io porterò di te vere novelle». «Va via», rispuose, «e ciò che tu vuoi conta; ma non tacer, se tu di qua entro eschi, di quel ch’ebbe or così la lingua pronta. El piange qui l’argento de’ Franceschi:
«Dio vede tutto, e tuo veder s’inluia», diss’ io, «beato spirto, sì che nulla voglia di sé a te puot’ esser fuia. Dunque la voce tua, che ’l ciel trastulla sempre col canto di quei fuochi pii che di sei ali facen la coculla, perché non satisface a’ miei disii? Gi
«O Marco mio», diss’ io, «bene argomenti; e or discerno perché dal retaggio li figli di Levì furono essenti. Ma qual Gherardo è quel che tu per saggio di’ ch’è rimaso de la gente spenta, in rimprovèro del secol selvaggio?». «O tuo parlar m’inganna, o el mi tenta», rispuose a me; «ché, parlandomi tosco, par che del buon Gherardo nulla senta.
L’una era d’oro e l’altra era d’argento; pria con la bianca e poscia con la gialla fece a la porta sì, ch’i’ fu’ contento. «Quandunque l’una d’este chiavi falla, che non si volga dritta per la toppa», diss’ elli a noi, «non s’apre questa calla. Più cara è l’una; ma l’altra vuol troppa d’arte e d’ingegno avanti che diserri, perch’ ella è quella che ’l nodo digroppa.
Ognuna in giù tenea volta la faccia; da bocca il freddo, e da li occhi il cor tristo tra lor testimonianza si procaccia. Quand’ io m’ebbi dintorno alquanto visto, volsimi a’ piedi, e vidi due sì stretti, che ’l pel del capo avieno insieme misto. «Ditemi, voi che sì strignete i petti», diss’ io, «chi siete?». E quei piegaro i colli; e poi ch’ebber li visi a me eretti,
«Io credo», diss’ io lui, «che tu m’inganni; ché Branca Doria non morì unquanche, e mangia e bee e dorme e veste panni». «Nel fosso sù», diss’ el, «de’ Malebranche, l
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