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Aggiornato: 17 giugno 2025


«Spene», diss’ io, «è uno attender certo de la gloria futura, il qual produce grazia divina e precedente merto. Da molte stelle mi vien questa luce; ma quei la distillò nel mio cor pria che fu sommo cantor del sommo duce. ‘Sperino in te’, ne la sua tëodia dice, ‘color che sanno il nome tuo’: e chi nol sa, s’elli ha la fede mia?

«Oh», diss’ io lui, «or se’ tu ancor morto?». Ed elli a me: «Come ’l mio corpo stea nel mondo , nulla scïenza porto. Cotal vantaggio ha questa Tolomea, che spesse volte l’anima ci cade innanzi ch’Atropòs mossa le dea. E perché tu più volentier mi rade le ’nvetrïate lagrime dal volto, sappie che, tosto che l’anima trade

«Io credo», diss’ io lui, «che tu m’inganni; ché Branca Doria non morì unquanche, e mangia e bee e dorme e veste panni». «Nel fosso », diss’ el, «de’ Malebranche, l

Ancora in dietro un poco ti rivolvi», diss’ io, «l

per che la voglia mia saria contenta d’intender qual fortuna mi s’appressa: ché saetta previsa vien più lenta». Così diss’ io a quella luce stessa che pria m’avea parlato; e come volle Beatrice, fu la mia voglia confessa. per ambage, in che la gente folle gi

ma se’ venuto più che mezza lega velando li occhi e con le gambe avvolte, a guisa di cui vino o sonno piega?». «O dolce padre mio, se tu m’ascolte, io ti dirò», diss’ io, «ciò che m’apparve quando le gambe mi furon tolte». Ed ei: «Se tu avessi cento larve sovra la faccia, non mi sarian chiuse le tue cogitazion, quantunque parve.

«Come!», diss’ elli, e parte andavam forte: «se voi siete ombre che Dio non degni, chi v’ha per la sua scala tanto scorte?». E ’l dottor mio: «Se tu riguardi a’ segni che questi porta e che l’angel profila, ben vedrai che coi buon convien ch’e’ regni. Ma perché lei che e notte fila non li avea tratta ancora la conocchia che Cloto impone a ciascuno e compila,

Noi salavam per entro ’l sasso rotto, e d’ogne lato ne stringea lo stremo, e piedi e man volea il suol di sotto. Poi che noi fummo in su l’orlo suppremo de l’alta ripa, a la scoperta piaggia, «Maestro mio», diss’ io, «che via faremo?». Ed elli a me: «Nessun tuo passo caggia; pur su al monte dietro a me acquista, fin che n’appaia alcuna scorta saggia».

«O voi che sanz’ alcuna pena siete, e non so io perché, nel mondo gramo», diss’ elli a noi, «guardate e attendete a la miseria del maestro Adamo; io ebbi, vivo, assai di quel ch’i’ volli, e ora, lasso!, un gocciol d’acqua bramo. Li ruscelletti che d’i verdi colli del Casentin discendon giuso in Arno, faccendo i lor canali freddi e molli,

«O duca mio, la vïolenta morte che non li è vendicata ancor», diss’ io, «per alcun che de l’onta sia consorte, fece lui disdegnoso; ond’ el sen gio sanza parlarmi, com’ ïo estimo: e in ciò m’ha el fatto a più pio». Così parlammo infino al loco primo che de lo scoglio l’altra valle mostra, se più lume vi fosse, tutto ad imo.

Parola Del Giorno

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