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Aggiornato: 11 giugno 2025


In torbido tempo indomito erra Bostange, e, pien d'ardir le membra antiche, Garrisce i suoi, che ne la dubbia guerra Non osano aspettar l'armi nemiche: Tornate in Asia, e da la patria terra Quì mandate a soffrir vostre fatiche Stuolo di donne, o cavalier codardi, Ch'elle più forte avventeranno i dardi.

Come dischiusa tomba Putre e nereggia il sacro tempio; stride Il percosso saltèro; Illividito e nero Guizzi sanguigni avventa Ogni lume, ogni cero; Rosseggia l'elevata ostia, ed infetta D'orrida tabe, al volto De le pie turbe e al cor dardi saëtta Di sdegno e di vendetta; Urla sui tormentati organi eretta La cieca Morte, e invita A fiera tresca il pallido Levita.

Ma quale distanza da quei tempi al nostro! Ora quegli sdegni pudicamente accademici non si capiscono più; le celie non hanno più eco; i dardi della critica si sono spuntati; una cosa sola rimane, l'ammirazione del pubblico pel teatro di Vittor Hugo. Stupendo teatro! E come lo si rivedrebbe tutto volentieri, rappresentato da questi valenti artisti della Commedia francese! Cromwel, Marion Delorme, Hernani, Angelo, Marie Tudor, Lucrèce Borgia, Le roi s'amuse, Ruy Blas, Les Burgraves, creazioni immortali! E dire che qualche critico, oggi ancora, fa colpa a Vittor Hugo di aver voluto essere uno Shakespeare! L'ambizione, dopo tutto, era nobile. Ma uno Shakespeare riveduto e corretto; che orrore! Fermiamoci qui e mettiamo in chiaro la faccenda. Non consta da nessun documento che Vittor Hugo abbia mai detto o pensato una cosa simile. È da credersi solamente che chiunque, oggi, foss'anche un altro Shakespeare, si mettesse a scrivere pel teatro, non potrebbe più, vorrebbe, dar libero corso a quei getti d'eufimismo che guastano la semplicit

Non temere: ho incontrato la Dea nel nuvoloso regno di Pafo e il figlio con lei: credean fra tanto d'aver lanciato un qualche libidinoso incanto su questi amanti che hanno fra loro stabilito di non compier del letto nuziale alcun rito pria che Imene abbia acceso la face. Ma fu invano! se n'è andata la ganza di Marte e quel suo vano fanciullo ha rotto l'arco ed anche i dardi e giura che sar

Erano aromi che venivano dai cespi immersi nell'ombra come in un mistero; dardi velenosi che ciascun fiore vibrava; parole di volutt

75 Per le cime dei pini e degli allori, degli alti faggi e degl'irsuti abeti, volan scherzando i pargoletti Amori: di lor vittorie altri godendo lieti, altri pigliando a saettare i cori, la mira quindi, altri tendendo reti; chi tempra dardi ad un ruscel più basso, e chi gli aguzza ad un volubil sasso.

Chè da lo stuolo in saettar non sazio Nembo d'acuti dardi a lor sen vola; E tanti di Serran fecero strazio, Che ben tosto a la vita egli s'invola; di provarsi Anglante ebbe più spazio, Si da non pochi gli s'aprì la gola: Quattro a Guelfo piagaro il petto, e 'l tergo, E trasser l'alma dal mortale albergo.

Bianca che non sapeva di quella pompa, ne provò a vederla tanta maraviglia, che non s'avvide neanche delle centinaia d'occhi, dalle finestre, dalle porte, dalla via affollata; intenti, come dardi incoccati, sopra di lei.

Tal fa lo scudo; ed a gli umani sguardi Vibrare armi lo stuol, ch'ivi fremea, Splendere il foco, trasvolare i dardi, E il fiume in corso mormorar parea; Poscia i suoi fidi ad arrecar non tardi La spada fur, che 'n reverenza avea, E cui sacrò con venerabil mano L'alto, che pastor siede in Vaticano. */ /*

E non ha Amor in tutta la sua corte, m'oda chi vol, graziosi sguardi, chiara voce, o vivace lume. Perch'io pur prego lui, ch'ognor più forte con tal foco, in tai lacci e con tai dardi mi trafigga, m'annodi e mi consume. Dello stesso O novo esempio de l'eterna luce, alma gentile, ond'ogni alma più rara mirando la belt

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