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Aggiornato: 16 giugno 2025


²⁶⁶ Villabianca, Diario ined., a. 1796, p. 625. Stavolta le mormorazioni dei nobili trovarono eco tra’ civili e tra’ plebei, e nessuno potè negare che l’esempio del Caracciolo era stato fatale anche alla povera gente, che per un tozzo di pane dovea lavorare giorno e notte all’aria aperta, alla pioggia, al sole, al vento, e di questo scarso pane farne parte in danaro alla Deputazione per le strade. Quello poi che toccava il colmo era la gravezza sulle seggette, per le quali incominciava gi

Non è dubbio che quelle partite appartengano a un medesimo anno, cioè alla quinta Ind. 1276-77, perchè gli editti si mandavan fuori prima del cominciamento della indizione, e il danaro s'incassava nel corso della medesima. Queste scritte trovansi nel registro 1268 A fog. 40, 41, 42, 43.

Ma il giovanetto, lusingato dalle lodi, ricusò la moneta, e rispose: Marzio, io per danaro non canto; la voce mi fu data senza pagarla, ed io la dono, non la vendo: così mi sembra il canto più bello. Io ti servo per amore, e basta. Il nostro amico della Ferrata mi manda a dirti, che il Barone è giunto... È giunto?

Molto ricco, profondeva il danaro a piene mani, per sostenere i vari periodici, per la diffusione di stampati sovversivi, per la propaganda; aiutava i consenzienti poveri, era disposto a qualsiasi lavoro, a qualsiasi fatica, e quanto maggiore il pericolo tanto più volentieri lo affrontava. Non faceva alcun conto della propria esistenza. Era ricco.

Il Papato ormai non ardisce più concupire i reami altrui, anco si attenta sbarrare un gherone del manto di San Pietro, solo ne cincischia brandelli per coprirne le spalle ai suoi figliuoli, e questi si tirano da parte a rosicchiarli come gatti il ventriglio. Sisto V al cardinale nipote assegnava centomila scudi di rendita, all'altro co' danari della Chiesa comprò il principato di Venafro, e la contea di Celano. Quello che ardisse Clemente VIII. non si ricorda; donò ai suoi un milione fra tutti; poi ad ognuno sessantamila scudi di entrata; mancatigli i beni della Chiesa, arraffò gli altrui, aiutatori giudici, auspice il boia. Paolo V. co' suoi Borghese procedeva anco più largo; il Cardinale Scipione ebbe 150 mila scudi di rendite ecclesiastiche, Marcantonio il principato di Sulmona, palazzi, ville, vasellami di argento, gemme, suppellettili che valsero un tesoro; di danaro un milione; e più strano ancora il privilegio di ribandire gli sbanditi, instituire fiere, imporre gabelle sopra altrui, non pagarne essi; andare immuni da confische, impunit

Ella come vide li altri due uomini mettere la mano in tasca e pagare; imitò quell’atto, risovvenendosi. Ma diede un maggior valore. Il fanciullo volle farle intendere ch’egli non poteva renderle l’avanzo, perchè non l’aveva. Ella ebbe un gesto inconsciente. Il fanciullo prese tutto il danaro, con una smorfia di malizia.

Tu, come capo.... Mi contenterò di cinquecento lire; disse il Guercio. L'esorbitanza delle sue pretensioni gli fece buon servizio, perchè gli altri diedero tutti nella pania. Ah, Guercio! gridarono in coro. Tu non sei ragionevole! Orbene, quattrocento, e crepi l'avarizia! Io sono un buon diavolo, e voglio farvi vedere che non tengo al danaro. No, no! ripigliarono parecchi. È troppo.

L'uomo invece... L'uomo?... Telegrafava ad un amico, per avere del danaro; il soggiorno di Parigi, anche quando ci si va per raccogliere un'eredit

Non viene oggi Bardelli interruppe precipitosamente Diana, imporporandosi in viso. Vai tu allora... Va e torna... Ecco il danaro... E ce la dar

Sentite disse Giovannina Zoccola, merciaia di rimpetto questo non ha potuto succedere. Vero è che la fame se gli mangiava i Cappiello, la fame e i debiti; che a me, se veramente non tornano più, mi dovranno dare sempre quindici soldi da Pasqua passata. Ma un po' di danaro lo mettevano da parte, via. E c'è stato sempre don Procolo, il signore, che ha riparato spesso e volentieri.

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