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Aggiornato: 5 maggio 2025


Egli picchiava sistematicamente quella povera antica pelle d'asino la quale, tarlata in molti luoghi e unta d'olio, dava un suono fievole e monotono appena sensibile dieci passi distante.

la favola di Mida e del barbiere... La favola di Mida, re di Frigia che aveva le orecchie d'asino e le teneva occulte per vergogna, e del barbiere che lo tondeva e che, pena la vita, non doveva palesare il secreto; il quale si sfogò palesandolo in un buco della terra, dal quale buco spuntarono canne, che percosse dal vento suonavano: «Mida ha l'orecchie d'asino», palesando cosí la sciagura di Mida, è favola nota.

GERASTO. Ben, bene, queste cose se danno ad intendere a pari miei? Arpione, Tenente, Graffagnino, pigliate questo, legatelo, bastoneggiatelo ad usanza d'asino. NARTICOFORO. Vi veggio, Gerasto, in gran travagli con costui. GERASTO. Sappi, Narticoforo caro, che son stato tutto oggi aggirato per cagion di costui, il quale è stato fonte, origine e principio d'ogni garbuglio e d'ogni male.

E il peggio è, che hai detto mal di lui al capitano... GULONE. Possa digiunar un mese, se è vero. TRINCA. Giurane su questa orecchia d'asino! GULONE. Ho sempre dubitato che fussi un asino; ma or che me ne mostri l'orecchio, ti stimerò tale da oggi avanti.

In somma, non avete pelo sovra la persona, che non mi volesse scacciare le mosche da dosso con un querciuolo. E piacesse a Dio che vi contentaste de dieci o venti; ma quando cominciate, non lasciate mai, se prima non fate prova qual sia piú duro o la schena o il bastone: talché le mie carni son diventate come carni d'asino.

Ma s'apre la porta e veggio il parasito che viene per ritrovarmi: perdonatemi. LECCARDO. Entrate, signora, in questa camera qui vicino. CHIARETTA. T'obedisco. LECCARDO. Serratevi dentro e aspettatemi un pochetto. Capitano, sète voi? MARTEBELLONIO. Pezzo d'asino, non mi conosci?

Tu sei ancora Saulo e lo so io che all'esazione degli ultimi livelli mi tosasti fino al cuoio. Largo, largo al cavalier Vulcano. Egli è forastiere, ed ha la ciera della fame e di s. Giorgio. Fatelo entrare. Gli colga la peste! mi ha lasciato andare di un sorgozzone sul capo, che mi ha sciupato il più bel travestimento d'asino! Ora chi porter

La Terra, le sue simmetrie, le sue curve geometriche e la sua pigra andatura d'asino che, bendati gli occhi, fa girare la fulgida ruota solare, attingendo da sempre nelle profondit

Meglio fagiuoli che non le cee che se ne comprano trentasei per un pel d'asino. Che state dunque qua, baggiani da dodici la crazia? che mutate l'Arno nella cantarana di Sant'Ambrogio. Ci stiamo perchè possiamo. E però?... spendiamo dei vostri? Covielli, che un solo Milanese vi ha volti in fuga a diecimila? Odi parlare che par tedesco! Odi che favellando par che sgargarizzino!

CAPPIO. Se non ti parti di qua, arai molte bastonate avantaggiate. GIACOCO. Se deve pensare ca a Napole se mpastorano li asini co le saucicce e vorria arrobbare; e se non me sparafonda denanze, sarrá buono zollato. SPAGNOLO. Si no me dais mis alforjas, os daré muchos palos en la cabeza. GIACOCO. Dice ca ce vole dare pale e muzzone di capezze d'asino. SPAGNOLO. Calla, que soys borrachos.

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