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Aggiornato: 27 giugno 2025


Ed ignoro le voglie ambizïose, Non mi curo d'imperio o di potenza, Sprezzo i tesori, e d'oro so far senza Perchè ho le rose. Parlo tacendo e regno senza spada E rinnegar la gioia mia non voglio, Ma il segreto svelare dell'orgoglio A ogni contrada: Sono superbo perchè sono vinto Dalla fragile man d'una fanciulla; E mi tien quella man che si trastulla Di fiori avvinto.

Ai suoi occhi come agli occhi di Diana io sono un reprobo, e la sua coscienza gli vieta di accettare una posizione che lo metterebbe in contatto diretto con me... Di ciò non mi curo; mi basta che tu sia in grado di testimoniare che io ho fatto per quel signore ciò che dipendeva da me.

CRICCA. Ma bisogna che vi tratti prima in che modo l'abbi ricuperata. PANDOLFO. Non mi curo del modo: bastami solo che sia mia. CRICCA. Partito che fui da voi, me ne andava per la piazza dell'Olmo. Per la via m'incontro in un uomo d'una ciera assai traditora: egli mirava me ed io mirava lui, ed egli pur mirava me.... PANDOLFO. Che ha da far qui l'allegrezza che vuoi darmi?

Dalla chiesa la processione seguitava a svolgersi e ad allungarsi su la piazza. Dinanzi all’altare, dove san Pantaleone era caduto, otto uomini, i privilegiati, aspettavano il momento di sollevare la statua di san Gonselvo; e si chiamavano: Giovanni Curo, l’Ummálido, Mattal

E lui, quando uscì, era molto accigliato. La Rondine. È il Securani, quello stesso che curò il padre? La Salvestra. Quello. Ora pare che si faccia questa prova, come Dio vuole. La Rondine. E Dio faccia la grazia! Credo anch’io, Salvestra, che un bene ne possa venire. E ho visto or ora un segno di buon augurio. La Salvestra. Che segno? La Rondine.

E, percioché questa materia, cioè che cosa sia l'ombra ovvero anima, e come l'ombra prenda quel corpo, il quale agli occhi nostri appare che ella abbia, quando talvolta n'appaiono, si tratterá, come in luogo ciò richiedente, nel venticinquesimo canto del Purgatorio, non curo qui di farne piú luogo sermone.

Ma al suo disiderio prevenne la morte, come detto è. I suoi costumi furono gravi e pesati assai, e quasi laudevoli tutti; ma, percioché giá delle predette cose scrissi in sua laude un trattatello, non curo al presente di piú distenderle. E che costui ne desse volentieri, l'effetto nol nasconde.

Persuasi il librajo ad ammettere annunzî di libri da vendersi, coll'aggiunta di due o tre linee quasi a definirne il soggetto e m'assunsi di scriverle. Fu quello il cominciamento della mia carriera di Critico. A poco a poco gli annunzî impinguarono e diventarono articoli. Il Governo, assonnato allora come il paese, non se ne avvide o non se ne curò.

Un gastronomo de’ tempi nostri farebbe le boccacce alle salse, ai guazzetti, ai condimenti, onde erano accompagnate le vivande d’allora. Ma i gastronomi di quei tempi le farebbero del pari, se tornassero in vita, ai condimenti, ai guazzetti e alle salse odierne. Io dunque non mi curo dei gusti mutati, e racconto che le prime mense del pranzo dei Torrespina erano di carni lesse ed arrostite, parte inorpellate con torte e galantine, altre rotte in salse, nelle quali entravano alla mescolata il pepe, il garofano, la cannella, la noce moscata, il cubebbe e lo zenzero. Si notavano inoltre certi pasticci di pollo in salsa bianca, la quale era composta di zucchero, mandorle e capperi, battuti insieme con albume d’uovo. Una cosa che anco i buongustai nel tempo nostro avrebbero mandato giù senza controversia, era il vino; ma di questo s’è gi

In altri tempi questa notizia avrebbe prodotto un gran piacere alla signora Federica, ma infatuata com'era nell'idea del matrimonio, ella si strinse nelle spalle e disse: L'interesse? Mi curo forse dell'interesse? È il decoro che mi preme.... Un Arconti minatore, mentre potrebbe essere accolto a braccia aperte nella miglior societ

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