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Aggiornato: 2 maggio 2025


O donna ch'anzi vespro a me fai sera, cui Laura è suora ne le rime d'oro, deh foss'io, come il vago de la Luna, addormentato, e alfin tra le tue braccia mi risvegliassi e bevere il tuo fiato potessi ancora, in letto alto di rose! Tu la Bella vedrai diman da sera e a lei ricingerai le chiome d'oro, canzon, nata di notte senza luna. E su tal corda l'anima sospira. Disegno di GIUSEPPE CELLINI.

Egli trovava il Bello nella sua scala, e questo era segno che l'amico non lo aveva punto dimenticato. Il vino gli aveva fatto uscir di mente il luogo del ritrovo: ma che perciò? Quel liquido malaugurato aveva pure impedito a lui di trovare la corda del campanello! Avete ragione; diss'egli adunque. Ritorno infatti dal luogo che mi diceste ier sera. Perdonatemi ora, se ho pensato un po' male di voi.

Un solo filo reggeva ancora la corda, le freccie passavano fischiando da tutte le parti e non la colpivano: io guardava la corda e l'abisso, poi la corda, poi ancora l'abisso, e mi contraeva, mi arricciava, mi aggomitolava, come avessi potuto con ciò sollevarmi dal fondo della voragine. Non so quanto durasse quell'agonia.

D. Nittu, D. Nzulu e Brasi. Vi persuaditi, caru D. Nittu? Lo dice a me? Io che per essere uomo di tratto e di pace finiu ca fui insultatu di chisti e di chiddi e ristai abbannunatu di tutti, cca, comu un cani senza patruni! Eh... eh... 'a corda gruppa gruppa, cci va 'nt' 'o mezzu cu' non ci curpa! Cunsulativi, caru D. Nittu, non siti vu' sulu!... E si peju non cc'è, chistu un è nenti!

È desso, è desso l'avversario antico, Che, d'angiol luminoso assunto il velo, Sempre de' vizi s'ostentò nemico, Vituperando umana razza e cielo; Ei trasse Giuda al maladetto fico; Esca egli fu del farisaico zelo; Ei repubbliche e regni urta, dissolve, Ed erge invece putridume e polve. Sursum corda! Eleviam fra le lagrime i cuori, Sosteniamo gli scossi intelletti!

Venuti vicino la casipola, smontarono; lasciarono i cavalli in custodia a uno di loro, si fecero all'uscio consunto, chiuso con un bastone, infilato per traverso in un cappio di corda macera fermato al buco della chiave, l'aprirono, ed entrarono. Dopo una mezz'ora, eccoti altre ombre sfilare nella nebbia: Ehi! Ehi! Smontavano, lasciavano i cavalli, ed entravano. Ciò sino a mezzanotte passata.

Finalmente la corda le rasentò la persona, onde la Rosalia, sicura omai di poterla tenere, lasciò il ramo per ghermirla.

Che cosa vi andava a fare la seducente e florida ragazza? Guardò a destra e a sinistra, come se le stesse a cuore che nessuno in quell'istante potesse vederla, poi accostò alla corda una mano quasi tremante.

Sciaverio avanti, tenendo sempre un capo della corda; il ricattato dietro, tenendo l'altro; ultimo mastro Pasquale; chi più chi meno trepidanti, uscirono dalla torre e si messero nella via, tra 'l vento, e l'acqua che or li sferzava da un lato or dall'altro.

Si tendono le chiome argute al piede facendo strano a' due pollici incarco; e su tal corda l'anima sospira. Or tremule, su i mari e su le arene, crescon ne la lunare alba le imagi: materïati d'oro alti palagi e torri ingenti assai più che Pirene. Salgono scale in luminose ambagi con inteste di fior lunghe catene. Come navi in balía de le sirene, ondeggiano le pendule compagi;

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