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Aggiornato: 8 giugno 2025


Nella etá dell'imperio romano, come due religioni, cosí furono due colture, una antica e cadente coll'idolatria, una nuova e progrediente col cristianesimo.

Tanto a tutte le colture generalmente, alle lettere principalmente, valgono l'indipendenza anche incompiuta, la libertá anche coi suoi inconvenienti ed abusi ed eccessi. Morto Clemente IV un mese dopo, e non succeduto nessun papa quasi per tre anni, re Carlo rimase solo capo della parte trionfatrice, capo straniero della parte nazionale, che fu il seme di tutti i danni.

Odoacre non istimò rifare inutili imperatori, e fu finito l'imperio occidentale, l'imperio italiano . Coltura antica, idolatra. Della religione giá dicemmo a suo luogo, e cosí faremo pure per le seguenti etá, nelle quali le cose religiose si verranno sempre piú mescolando colle civili e politiche; ondeché non ci resta resterá a parlare separatamente se non delle colture.

E così il capitano Bonifazio congiurava senza pericoli, e senza suscitare il minimo sospetto faceva parte d’una vendita di carbonari. La sua corrispondenza politica non era mai affidata alla posta, e gli arrivava sempre per mezzo di amici, o di messi speciali. Nel mese di maggio del 1820 il capitano Bonifazio dovette recarsi in Polesine per intelligenze con quei Carbonari, e poi a Milano per riferire ai capi della setta lombarda. Domandò il passaporto pel regno Lombardo-Veneto col pretesto di fare un viaggio agricolo, nel quale si proponeva lo studio di alcune colture speciali, che facevano difetto nella provincia di Treviso, come quelle del canape e dei prati a marcita. Il maestro Zecchini fu chiamato alla Polizia per le necessarie informazioni. Egli assicurò il commissario che il signor Bonifazio era un appassionato agricoltore, che aveva gi

Al principio del secolo undecimo poi, risplende anche in Italia, dove fu monaco in Bobbio, e poi papa buono fra molti cattivi, quel Gerberto francese, da cui alcuni contano il risorgimento delle colture, piú o meno progredite sempre d'allora in poi; e il quale dicono le prendesse dagli arabi di Spagna, a cui noi dovremmo dunque originariamente quel risorgimento.

Quanto alle colture, esse forse in nessun punto raggiungono qui il loro limite climatico, rimanendo talvolta molto disotto a questo, causa le condizioni orografiche sfavorevoli; anche i campi di segala e di patate, nelle vere Alpi Marittime, non s'incontrano mai sopra ai 1800 metri.

E sorte tutte queste colture, sorse il commercio che n'è fratello or maggiore or minore; e sorsero le industrie, le scienze che ne son pur sorelle, tutta famiglia della libertá; in cui entraron l'arti belle, quelle arti che son forse un po' meretricie, un po' prodighe di lor favori, senza gran discernimento tra tirannia e libertá, ma che li concedon pur sempre piú compiuti insieme e piú eleganti alla libertá.

Ecco il santuario domestico invaso dagli stranieri, che non hanno nulla di sacro nel paese conquistato. Si prendevano le frutta come fossero in casa propria, calpestavano le colture, legavano agli alberi i cavalli che coi denti rosicchiavano le corteccie.

Ecco perchè anche il colono come il mediero del quale il lettore conosce la triste esistenza si trovano costretti a sfruttare ad oltranza la terra, ripetendo senza posa le colture che offrono prodotti di più facile smercio e di maggiore profitto, come il grano, il lino e il mais, senza mai concederle una rotazione che significherebbe perdita di tempo e di denaro, senza mai rinnovarle i sali sottratti dalla vegetazione, senza mai darle riposo.

Piú si va, piú si vede quanto mirabilmente si volga a tutte le colture l'ingegno italiano; a niuna forse cosí facilmente e abbondantemente come alle arti del disegno, o piuttosto a tutte l'arti del bello.

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