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Aggiornato: 13 giugno 2025


La Spagna riceve i suoi ori ed argenti dall'America, pochissimo essendo in oggi il provento di questi metalli dalle miniere de' suoi regni, che pure, giá molti secoli, erano copiose, che rendevano alla repubblica romana solamente in argento 25.000 dramme al giorno, che sono 142.578 marche all'anno, secondo narrano Strabone e Polibio, citati dal Bodeo nel quarto libro De asse, ove riduce questa somma a poco meno di un milione di scudi d'oro all'anno in valuta moderna, ed asserisce essere stata copiosa altresí d'oro, di cui Plinio narra che ne cavavano d'effettivo metallo 20.000 libbre all'anno, quasi tutto dall'Asturia, oltre la quantitá di ferro, rame, piombo e di tutte l'altre cose che rendeva quella provincia; onde la Spagna fu in quel tempo a' romani ciò che in oggi sono le Indie occidentali alla Spagna.

Come ognun sa, ai tempi ai quali si riferiscono i Libri citati, i sacerdoti si ammogliavano, e potevano quindi aver leggittimamente dei figli. Art. 332 Cod. pen. (Francese). «Chiunque avr

Quindi ivi, nella nuova suddita Pisa, convocossi un concilio a finir lo scisma. A Bonifazio IX, papa, erano succeduti Innocenzo VII e Gregorio XII . In Avignone papeggiava Pier di Luna sotto nome di Benedetto XIII. Questi due furon citati al concilio di Pisa , s'appressarono, ma non vennero.

Così Sanchez l. 9, disp. 17, n. 4, S. Liguori l. 6, n. 916, e molti altri da essi citati.

⁵² T. Fazello, De rebus siculis, Decades duae. Dec. II, lib. VIII, ed altri autori citati da Pitrè, Fiabe, Novelle e Racconti pop. sic., v. IV, n. CCXCV. Palermo, 1875.

Ma però, a detta dei citati Autori, ritiensi che pecchino mortalmente coloro che introducono quelle usanze. ARTICOLO III. Dei Turpiloqui, dei Libri osceni, delle Danze o dei Balli e degli Spettacoli. § I. Dei Turpiloquii.

I, pag. 477 e seg. ove son citati questi documenti: 3 agosto 1252. Innocenzo IV, a re Arrigo III, tom. I, pag. 477. 28 gennaio 1253. Diploma d'Arrigo III, pag. 893. 14 maggio 1254. Innocenzo IV all'arcivescovo di Canterbury, etc., pag. 511.

E quanto a quello che ho detto: che prima fa di bisogno sapere la cagione perché sia stato introdotto l'uso del danaro, dico che Aristotile, padre e fondatore delle umane scienze, in quei capitoli dell'Etica e della Politica giá dall'autore citati, in questo modo diffinisce: «L'uso del danaro essere stato introdotto dagli uomini per necessitá e sotto ordine di legge, affinché fosse mezzano per poter fare piú agevolmente le uguali permutazioni e commutazioni in quelle cose che a ciascuno facessero di bisogno, ed anche acciocché fosse una pubblica e comune misura a tutti per poter fare tali contratti giustamente, e che ne' pagamenti ciascuno, in qualunque paese che si trovasse, potesse intieramente conseguire ogni sua ereditá, fosse per qualsivoglia causa creata». Ma, perché in tutte le zecche vengono cavate le fatture dal corpo delle monete, ed ancora per essere fatte sotto ordini diversi da cittá a cittá e da provincia a provincia, onde ne procede che di tempo in tempo, ed anco quasi di continuo, vengono alterati i prezzi dell'oro e dell'argento, per lo che sono poi fuse e rifatte le monete da paesi a paesi; però il danaro non può essere la detta pubblica misura, perciocché, per le differenze che si trovano tra le monete fatte e coniate sotto l'autoritá di un principe a quelle di un altro, il piú delle volte da molti popoli vengono ricusate, ora per li bandi sopra esse fatti ed ora perché non le vogliono accettare, dubitando di non poterle poi spendere in altri paesi se non con gran perdita, ed anche perché non le tengono per cosí buone come quelle ch'essi sono soliti di spendere nelle loro cittá o patrie.

Saba Malaspina, lib. 6, cap. 3. Nic. Speciale, lib. 1. cap. 11. Diploma del .... 1282 ne' citati Mss. della Bibl. com. di Palermo Q. q. H. 4, fog. 117. La rimostranza de' Siciliani, ch'io pubblico al doc. VII s'intrattiene lungamente su i torti fatti dal governo angioino agli ecclesiastici. Parecchi diplomi spargon luce su questo punto.

I diplomi risguardanti il regno d'Albania sono citati ancora dal Papon, Hist. de Provence, tom. III, pag. 52 e 68.

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