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Il letto di Chiarinella l'avevano collocato in un angolo ove arrivava tutto il sole. Nel verno, quando il sole era dolce, la poverina s'addormentava in un'onda luminosa, che le scaldava le manine esangui sulla coverta. Tutta la giornata rimaneva sola; la chiudevano in casa e portavano via la chiave, abbandonandola a tutti quei pensieri, a tutte quelle paure che hanno i bambini quando non si vedono accosto nessuno. Lei dapprima avea pianto, con la testa sotto alle lenzuola, tutta raggranchita, non osando gridare a non spaventarsi peggio. Provava timori strani, le pareva che non dovesse stendere le gambe perchè qualcuno, un mago, un essere spaventoso, le avrebbe afferrato i piedini tirandola; non metteva fuori la testa, chiss

Si recava in braccio una bambola di legno, alla quale avea messo il suo grembiale ed una cuffietta ricamata. Guarda com'è bella esclamò, sedendo sul lettuccio falle un bacio. Glie l'accostò alla bocca. Chiarinella la baciò in punta di labbra. Si chiama Angelica disse Cristinella È figlia a me. La strinse nelle braccia e si mise a cullarla, cantandole la ninna nanna. Oooh! oooh!

La piccola calza bucherellata era caduta sulla coverta del lettuccio, e da presso due piccole mani vi si abbandonavano, esangui. Tra tanta infantile minutezza le cose più grandi eran due lacrime, che scendevano per le gote di Chiarinella. La mattinata umida e malinconosa, senza raggio di sole, moriva tristamente nelle ultime luci fredde e annebbiate dell'imbrunire.

Ella stessa ci aveva lasciato cader dentro, sorridendo, un piccolo anello d'oro, un paio di profumate giarrettiere di seta. Era stata Befana a stessa, prevedendo che la Befana avrebbe lasciata vuota la calza. Nelle case de' poveri quella non entra. Chiarinella dormiva, sognando la pupattola della sua piccola amica. Alla dimane Malia si svegliò un poco più per tempo del solito.

Quando no, andava rovistando per la casa se trovasse qualche cosa da rosicchiare e strepitava, dicendo che se no sarebbe andata via un bel giorno col primo venuto, che era una vita infame e così non poteva durare. Donna Bettina diceva: Vattene, vattene, che è meglio; una bocca di meno! Nella notte, mentre la lampada ardeva innanzi a una Madonna sul canterano, lei chiamava sotto voce: Chiarinella!

Ma in fondo era per questo, che alle cenette dopo il teatro ci andava anche lei, e a volte avea messo in saccoccia qualche pollo freddo, mentre la figlia teneva a bada quelli caldi che le facevano la corte per gli occhi belli che aveva. Tira, tira, la corda si spezza. Negli ultimi giorni dell'anno Chiarinella non la si riconosceva più.

Ma gli occhi le si empirono di lagrime. Allora, dopo averseli asciugati, riprese la bambola o scese dal lettuccio. Io me ne vado disse debbo preparare il letto a questa qua! Uh! esclamava, baciando la pupattola quanto sei bella! vieni con mamma tua! Chiarinella rimase sola. Dopo un momento scese, rovistò in un angolo, trovò quello che cercava.

Chiarinella era sempre l'ultima ad addormentarsi; sentiva per un pezzo ancora il respiro forte ed eguale della sorella, che alla baracca avea ripetuta una piroetta e s'era affaticata. A volte la coglieva la sete; scendeva, a tentoni, cercando il bicchiere sulla scanzia a cui le sue piccole braccia magre appena arrivavano.

Certe mattine la veniva a vedere la Nunziata, una vicina che le avea dato latte quando Bettina non ne aveva. Povera piccina! faceva povera Chiarinella mia! Le portava un'arancia fresca, sedeva accosto al letto e si metteva a toglierne la buccia e la pellicola, dividendola a spicchi che la bambina succhiava avidamente, in silenzio. Par nata muta diceva Bettina, quando ne parlavano.

Oh! Gesù! diceva Nunziata, rabbrividendo Come potete stare così? Mettetevi a fare la serva, i posti ci sono. E Malia? La lascio sola? E Chiarinella? Per la bambina, se la Provvidenza ve la fa guarire, me la tengo dentro da me colle figlie mie disse Nunziata intanto Malia potete lasciarla fare. Lei non è stupida, bader