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Dove i fatti sono incerti, le idee sono confuse. Avvengono fatti che non presentano un carattere deciso, sensibile, ben definito, e che la nostra ragione calcolatrice non sa se negare od ammettere. Vi sono perciò idee incomplete, oscure, fluttuanti, che non possono presentarsi mai sotto un aspetto chiaro, e che non sappiamo se accettare o respingere. Questa incertezza di fatti, questa incompletazione di idee, questo stato di mezzo tra una fede ferma e una fede titubante, costituiscono forse ciò che noi chiamiamo superstizione il punto di partenza di tutte le grandi verit

Or, come questi due metalli ormai da quasi tutte le nazioni del mondo sono destinati a quest'uffizio, il valore, che chiamiamo delle monete, non è altro che quella relazione che ha uno d'essi all'altro in ordine alla stima che ne fanno gli uomini: e quando vogliamo dire il valore d'una libbra d'oro, non abbiamo piú certa misura, per ispiegarlo, quanto riferendolo all'argento; ma, se ci accade avere a dinotare il valore dell'argento, subito con l'altro suo piú comune relato lo significhiamo, dicendo che una libbra d'argento vale 4/59 d'una libbra d'oro, o vogliamo grani 468-3/5 d'oro.

Hanno puntato la baionetta sul cuore di mia mamma! Hanno preso tutto rame, bestiame, grano, urlavano: O ghent o caput! o denaro o morte! Muss, muss vuol dire: per forza! Noi li chiamiamo muss quelle canaglie... Se sapesse! un anno, un anno... Fingere ogni giorno, per non morire! Ma dentro c'era l'odio, quanto odio, signor tenente! Il prete è stato buono con noi. Aveva molto coraggio.

Verso mezzogiorno il direttore dell'albergo picchiò all'uscio. Desidera approfittar del nostro omnibus, o preferisce che chiamiamo una vettura egli domandò alla Teresa. Chiamino la vettura ella disse e la mettano nel conto. E il biglietto della ferrovia lo ha? No. Se vuole, poichè c'è tempo, possiamo mandar subito a prenderglielo in Galleria. Grazie. Un primo per Venezia, non è vero?

E ch'altra cosa è che poetica fizione nella Scrittura dire Cristo essere ora leone e ora agnello e ora vermine, e quando drago e quando pietra, e in altre maniere molte, le quali voler tutte raccontare sarebbe lunghissimo? che altro suonano le parole del Salvatore nello evangelio, se non uno sermone da' sensi alieno? il quale parlare noi con piú usato vocabolo chiamiamo «allegoria». Dunque bene appare, non solamente la poesí essere teologia, ma ancora la teologia essere poesia.

I barbari invasori dell'imperio furono quasi tutti di quella nazione, che chiamò e chiama se stessa dei «Deutsch», che i romani chiamarono primamente «teutoni» e poi «germani», e noi chiamiamo «tedeschi». Poche eccezioni trovansi a tal fatto, piú poche tra le genti stanziate; e noi noteremo quelle che venner tra noi.

Cosí li poeti nelle loro opere, le quali noi chiamiamo «poesia», quando con fizioni di vari iddii, quando con trasmutazioni d'uomini in varie forme, e quando con leggiadre persuasioni, ne mostrano le cagioni delle cose, gli effetti delle virtú e de' vizi, e che fuggire dobbiamo e che seguire, accioché pervenire possiamo, virtuosamente operando, a quel fine, il quale essi, che il vero Iddio debitamente non conosceano, somma salute credevano.

Pretesa esorbitante, sia pure; ma a chi la colpa? A Carlomagno che aveva cosí fondato l'imperio, all'imperio cosí fondato; 5^o finalmente, quella che altri chiama perfezione e noi chiamiamo confusione, caos feodale, aveva da per tutto sottoposti molti feudi laici a questa o quella chiesa vescovile od abbazia, e n'aveva sottoposti tanto piú alla chiesa somma romana: parecchi ducati longobardi e normanni a mezzodí d'Italia, Sardegna, Corsica, alcuni regni spagnuoli, e via via.

E, se io estimo bene, questa mi pare quella maniera d'uomini, li quali noi chiamiamo «mentacatti» o vero «dementi», li quali, ancora che abbiano alcun senso umano, per molta umiditá di cerebro hanno il vigore del cuore spento, che cosa alcuna non ardiscono d'adoperare degna di laude, anzi si stanno freddi e rimessi, ed il piú del tempo oziosi, quantunque talvolta sospinti sieno dal disiderio di dovere alcuna cosa adoperare; di che quello segue che l'autore ne dice, cioè «Che visser senza infamia e senza lodo».

L'uso dell'orizzontale pura, della verticale pura e di tutte le linee morte. L'angolo retto, che chiamiamo apassionale. Il cubo, la piramide e tutte le forme statiche. 7. L'unit