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Aggiornato: 16 giugno 2025
Ma mi pare disse Fräulein che si tratti della sua bambola spezzata e del suo canarino morto. Ma come? Il canarino è morto? esclamò Valeria. Bisognava dirmelo. E la bambola è rotta? Ma gliene compreremo subito un'altra, disse la signora Avory, molto agitata. Ma non è... non sono... non è vero... spiegò Fräulein confusa.
Visti e presi!" Questo discorso produsse un impressione vivissima nell'assemblea. Alcuni uccelli volarono via di botto: una gazza vecchia si avviluppò ben bene dicendo, "È ormai tempo di tornare a casa; l'aria della notte mi fa male alla gola!" e un canarino chiamò con voce tremula tutt'i suoi piccini, "Venite, venite carini! Gli è tempo di andare a letto!"
In una giornata di novembre fu tale lo scrosciar della pioggia furiosa e così spaventevoli furono i lampi e i tuoni che il canarino, tutto solo nella gabbia, credette che l'ultimo giorno della sua vita fosse arrivato. Dal lampeggiare continuo era tutto illuminato il cortile, i ferri della gabbia pareva si arroventassero.
Eh! fece il colombo sento io, sento! Quando avrete figli anche voi! Arrivederci. Arrivederci. E quasi ogni giorno lo stesso colombo veniva a pigliarsi una penna caduta. Fatemi la finezza gli chiese una volta il canarino sapreste voi perchè così spesso mi cadono le penne? Io ne sono assai preoccupato. Il colombo lo guardò malinconicamente. Che volete vi dica?
La lode, Dio buono, se la pigliano tutti, la vonno anche i modesti. Il canarino si guardò i pieducci, ripulì il becco a un ballatoio della gabbia, si piantò saldo sulle gambette e si mise a cantare: Se il mio nome saper voi bramate... A maggio, v'ho detto, i signori della casa sloggiarono.
Le carrucole nei pozzi stridevano, le secchie si urtavano, le serve, a prima ora, trovandosi tutte ad attingere, dicevano male della gente, appiccicando a ognuno un aggettivo che svegliava goffe risate per tutto il pozzo. Questa la vita del cortile. Una volta solamente il canarino uscì dalla sua malinconia.
Intanto la Stella, sempre in casa, sempre al fianco della madre, che al cader della buona stagione cominciava a intristire, non soleva più imitare gorgheggiando il suo canarino, saltellante nella pulita gabbia sul davanzale; aveva scordate le semplici e allegre canzoni d'una volta.
Sta zitto disse Ernesta, sta zitto. No, non sto zitto; te ne ricordi? Ti ricordi il giorno che ti rimproverai l'amore innocente dei tuoi fiori, e beffai la canzone del tuo canarino, e risi del santo culto dei tuoi poveri morti? Te ne ricordi? Ebbene, allora, allora più che mai, allora solo ero cieco. Sta zitto.
Bene, bene esclamò il marito della signora ecco il canarino che comincia a dirci qualcosa. E ogni volta che si trovava nel tinello a lavarsi la faccia, gli faceva lo zufolo col tovagliolo fra mani. La casa dalla quale era sloggiato era scura e silenziosa.
Una delle fantesche ripuliva la gabbia d'un altro canarino, lasciando cader giù nel cortile le boccate sfuggite del miglio, i rifiuti del prigioniero, e canticchiando. E come quel canarino, per la soddisfazione del miglio fresco e dell'acqua pulita, metteva, di tanto, piccoli gridi acuti, quest'altro credette di aver trovato finalmente qualcuno col quale potesse chiacchierare, nelle ore di noia.
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