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Che ha fatto dunque di male? gridò il padre Bonaventura. Avete incominciato; dovete dirci ogni cosa; soggiunse il padre Restituto. Ha condotto il suo pupillo tra noi; rispose con voce sepolcrale il priore. Ah! il padrino Adelindo? esclamarono tutti. Che non è un padrino; ripigliò il padre Anacleto. Il pupillo, signori miei, è.... una pupilla. Grande scoperta! gridò il padre Restituto.

Oh! ma le tue facezie mi hanno fatto dimenticare un caso: sai tu che possiamo dirci proprio fortunati, fortunatissimi? indovina un po'? il bravo nostro collega Catone il censore è salito al posto di proconsole. Il popolo ce l'ha messo, e possiamo dire che siamo al punto beato di fare quello che ci piace.

Le presentiamo, caro Don Pietro, il signor conte Gino Malatesti, di Modena. Egli ha voluto dirci il suo nome, ed abbiamo saputo nel medesimo tempo che egli, per causa d'opinioni politiche, è stato mandato a confine in Querciola. Brutto paese! esclamò Don Pietro. Perchè non alle Vaie? Ma ! ribattè il signor Francesco. Glielo domandi un po' Lei. Perchè non alle Vaie?

Io non so se il lungo esilio testè ricominciato, la vita non confortata fuorchè d'affetti lontani o contesi, e la speranza lungamente protratta e il desiderio che incomincia a farmisi supremo di dormire finalmente in pace, dacchè non ho potuto vivere, in terra mia, m'irritino, e nol credo, l'anima nata ad amare e per lunga prova incapacissima d'odio; ma so che, perchè noi potessimo dirci degni di libert

Gervaso era caduto in profonde riflessioni. Pure, continuò il sedicente conte, giacchè il caso ci ha fatti incontrare, signor.... Alberto Sampieri, noi non possiamo che vivere o in un amichevole accordo, ed a questo non sembrate molto disposto, oppure a quattr'occhi, senza scandalo, dirci: uno di noi è di troppo, bisogna che il caso ancora, pensi a far scomparire per sempre il superfluo.

Certo, avrebbe ragione! confessò Maurizio. Se si potesse farla parlare, persuaderla a dirci tutta la verit

Indi il presidente dice: Ho l'onore di presentare a quest'assemblea il commendator Gian Maria Cortopassi, nostro deputato, la quale sta per dirci come intende propugnare i vostri principî che vi raccomando il silenzio, per cui signor commendatore tocca a lei.

Libero ci potrai essere più utile che non chiuso in carcere con noi. Fu testardo e rimase. Alle sei e mezzo circa entrò un vecchio impiegato a dirci queste parole: Sono spiacente di comunicar loro che, essendo stato proclamato in questo momento lo stato d'assedio, loro signori sono tutti in arresto.

Se tu non vuoi dirci io chi sia costui tu stesso, dicci almeno, chi sei di noi duo. GERASTO. Di grazia, fatene questo piacere, chi sei di noi duo? PANURGO. V'ho detto dieci volte ch'io son io e voi sète voi, io posso essere alcun di voi. NARTICOFORO. Oh, non posso far rispondere costui ad petita!

La leggenda non ha nulla da dirci intorno a ciò; la cronaca sola ci racconta che ne' primi anni del dominio di casa Savoia quella via sotterranea fu chiusa perchè le claustrali non avessero modo di frodar la gabella. Oh secolo decimonono, secolo di prosa!