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Aggiornato: 26 giugno 2025


Per due o tre mesi: non si sa quando ritorneranno. Il Vharè guardò fisso il portinaio e gli sembrò di scorgere sotto una cera umile e rispettosa un sorrisetto maligno.

Un sudore d'angoscia gli scorreva sul volto. Si ricondusse a stento a casa, si gettò sul letto, ed ivi rimase per lunghe ore immobile, come se fosse morto, cogli occhi spalancati, vitrei, lucidi, la faccia color cera, le labbra convulse, semiaperte.

La campestre fatica umile e rude Lo sai?... non m’impaura. E voglio qui le stanche, le pallenti Gracili dame da la man di cera. Fronde di salcio abbandonate ai venti Steli fioriti a sera. Gli ammalati di sogno e di nevrosi, I parassiti inutili e belanti, Gialli d’ozio, di spleen e di clorosi, Fantasmi in tuba e guanti.

Ora questa è la cena: io volli dire la scena. E questo intorno è 'l Coliseo dove sedete. Chi è stato a Roma sa quel ch'egli è... Oh come mi rodeva! Una rogna canina! Ma tacete. Ecco il vecchio. Ei vien via col suo portante. Oh che cera d'amante! O dio Cupido, hai pur poca faccenda a travagliarti con simil manigoldi! Se non pare il Testamento vecchio e l'Imprincipio! Parla con seco istesso.

Corridoi, sale da Capitoli, cappelle interne, cori, celle, erano ingombri di bacheche e di scarabattoli con immagini di cera, in abitini delicatissimi, ornati di drappi a fiocchettini, a frangette, a fiorellini, a foglie, ad erbe, che erano e, a chi li veda anche ora, sono una maraviglia.

Il volto dello sciagurato prete, per ordinario tinto del giallo pallido dei mozziconi di cera avanzati al servizio dell'altare, quasi per impazienza si era fatto acceso: non poteva darsi pace che nessuno gli porgesse ascolto; e ch'ei meritava essere avvertito, non fosse altro per indovinare se avesse più logora la tonacella veste del suo corpo, o il corpo veste della sua anima: logori entrambi, amici vecchi fra loro, e, con rammarico grande del loro padrone, testimoni che nulla ha da durare eterno nel mondo.

E con un fischio prolungato chiamò: indi a breve fu vista comparire una fanciulla bella , ma bianca, bianca come voto di cera. Poveretta! ella sapeva essere nata alla sventura. Virginia, le disse il padre, da' braccio a questa Signora... è disgraziata quanto te.

Accennò quel signore ad un che corse e prestamente allumò molta cera, che splender fe' la sala in ogni canto. Quel che seguì dirò ne l'altro canto.

Pallidissimo, come di cera, col busto sorretto da un monte di origlieri, la camicia squarciata e sanguinosa che lasciava vedere una larga fasciatura, le braccia abbandonate da una parte e dall'altra, Andrea Ludovisi ripetè, più debolmente: Costanza!

Nella camera a dormire, sopra un cassettone zoppo da un piede, una campana di vetro racchiude il busto in cera di una vecchia vestita da signora, certo qualche parente morta della padrona.

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