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Ecco che cosa scriveva il terribile abate, la cui prosa aveva irritato gli eccitabilissimi nervi della regina del canto: «Intese poi profondamente e sentì la signora Amieri il suo personaggio, Anna Bolena. La catastrofi d'una donna sensibile al pari ed altera, da un potente amore inalzata al soglio, e da una feroce incostanza precipitata nella morte dell'infamia... l'abbattimento nel vedersi sprezzata... il rinfranco d'una coscienza che si sente illibata... le furie e le imprecazioni della rivalit

Le due donne si avanzarono verso la ribalta. Regnava un silenzio profondo: tutti rattenevano perfino il respiro. Anna Bolena intuonava il duo famoso con le parole rivolte a Giovanna Seymour: Sul suo capo aggravi Iddio... Era arrivata alle cadenze del primo tempo sulle parole: fia la scure a me concessa: dove, copiando una puntatura della Pasta, levava un do acuto di effetto meraviglioso.

Anna Bolena rispose un po' crucciata. Quel modo familiare verso la Sua Maest

Ha indovinato il lettore che il giovane il quale si trovava dinanzi ad Antonietta era il pittore Roberto Gandi? Stamani è uscita la Gazzetta! interruppe Roberto, cavandosi di tasca un giornaletto, stampato su carta giallognola. C'è l'articolo del celebre abate Pildani sull'Anna Bolena. L'abate passava per un maestro, e quale maestro! nella critica musicale.

Gaetano Donizetti, sino allora fervido seguace del Rossini, si spingeva rapito nel tramite lucente della melodia belliniana. Nell'Anna Bolena, nel Pirata e nella Straniera parve s'incontrassero, si assimilassero le ispirazioni dei due genii più affettuosi, che la musica abbia avuto dopo il Pergolese. Un silenzio era succeduto alla cessata lettura. I due amanti si guardavano sorridendo.

L'Anna Bolena porgeva dunque di nuovo alimento alle conversazioni, alle elucubrazioni dei buongustai fiorentini. L'ultimo colpo, che Antonietta aveva ricevuto a Venezia, era stato tremendo. Tornata, o piuttosto trasportata al palazzetto, in cui dimorava, le si mise addosso la febbre e per varii giorni non uscì dalla camera. Appena ristabilita, volle subito partire.

Stamani mi sono levata così presto per te! diceva la signora, mentre con la sua mano destra, una mano affilata, sfavillante di anelli, si accomodava, facendo un gesto che le era familiare, i copiosi capelli biondi, di un biondo fulgido, che le formavano come uno splendido diadema sulla fronte divina. Sono uscita di camera ora... mi avevi detto che saresti venuto a vedermi... e ti assicuro che ero proprio stanca!... Ieri sera, oltre il cantare l'Anna Bolena, l'aver dovuto ripetere tutta l'aria di Desdemona mi aveva spossato... E poi... che vuoi che ti dica... tutti quegli applausi... quei fiori... gli urli della gente, che mi aspettava all'uscita del Teatro... Gi

Il pittore dette un'occhiata sul giornale, quindi lesse: «Due parole di grata menzione ai cantanti che ci dilettarono nella stagione che cade, rappresentando l'Anna Bolena del M.^o Donizetti! Nell'arte del canto, non men che dell'azione, la signora Amieri è insigne. Vuol ella attenersi a canto semplice e spianato? Tutto è intonato, tutto corretto. Vuol ella tentar voli, e sparger fiori?

L'Anna Bolena, che era stata cantata a Firenze dalla Ungher, in quei giorni era interpretata al Teatro Alfieri dalla signora Brighenti e da altri bravi artisti, che l'impresario Giuseppe Feroci aveva condotto nella capitale dopo aver fatto con essi la stagione di primavera al Teatro Petrarca di Arezzo.

Sul tavolino, accanto alla tazza della cioccolata, che il Brinda sorbiva di tanto in tanto, era il giornaletto veneziano nel quale l'abate Pildani rendeva conto della esecuzione dell'Anna Bolena e criticava con garbo le volatine, i fiori, di cui abusava la giovane artista Amieri.