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Aggiornato: 2 giugno 2025


Il pittore dette un'occhiata sul giornale, quindi lesse: «Due parole di grata menzione ai cantanti che ci dilettarono nella stagione che cade, rappresentando l'Anna Bolena del M.^o Donizetti! Nell'arte del canto, non men che dell'azione, la signora Amieri è insigne. Vuol ella attenersi a canto semplice e spianato? Tutto è intonato, tutto corretto. Vuol ella tentar voli, e sparger fiori?

Andarono innanzi molto tempo, incontrando pochissime gondole, trovandosi a un tratto in un largo canale deserto: un canale così vasto, così torbido nelle sue acque immobili, così malinconicamente intonato che donna Grazia, per vincerne l'impressione, ne chiese il nome al gondoliere. È il Canale Orfano, eccellenza.

Scoppio di entusiasmo per una generosa larghezza. Oh, non è codesta la sola opera buona che faccia vossignoria: disse il dottor Lombrichi con quel suo sorriso che non si sapeva bene se era ironico o adulativo. Ne conosciamo ben altre di sue beneficenze; ed io stesso potrei raccontarvene qualcuna... Sentiamo, sentiamo: gridò perfettamente intonato alla piacenteria il coro de' parassiti.

Un'alluvione strana di cenci e di miseria si spingeva fin contro il superbo palazzo del Bramante, ch'è la sintesi pura e maravigliosa del gusto estetico del Rinascimento: e da quei cumuli di straccerie, quasi impelagati danteschi, sporgevano il busto lercio, troppo intonato con la merce loro, i mercanti di tutte quelle sozzure pittoresche, con certi tipi astuti, insinuanti, con quelle impronte secolari della stirpe semitica, che ricordavano le acqueforti del Rembrandt.

Regina dal cuor contento, dopo aver intonato alcune canzonette, presa dall'affanno del salire e più ancora dal raccoglimento quasi religioso della luce morente, si arrestò ad aspettare il babbo accanto ad una rozza croce, dove intonò l'Angelus. Flora rispose alla preghiera a voce alta, come se volesse farsi sentire e sentire la sua voce in quel grande spazio diffuso.

Aggiungo seimila lire per le pigioni future, se vorrai restare costì. Ti auguro un nuovo amante migliore di me». Non era trascorsa una settimana, ed io istallavo la Gilda in un quartierino più elegante, intonato alla figura scultoria di questa ragazza fredda, quasi insensibile e nello stesso tempo ben pervertita, come diceva Grigoni.

Era un bel giorno di state nel 1836. Sul declinare quel era stato limpidissimo oltre l'usato, ed il clima tutto fuoco veniva rattemprato da fresco venticello marino; una festicciuola domestica aveva avuto luogo in quel giorno, ed in essa si erano moltissimo rallegrati danzando coi negri Antonio, il giovinetto Carlo e la vaghissima Ofelia, tutti e tre figli di Giovanni e di Rosina. Sotto le benefiche ombre dei banani e dei cocchi, nel parco del palazzo, aveva avuto luogo la danza. Quando il sole si avvicinò all'occaso una frugale refezione era stata imbandita ai danzatori sull'erba fiorita. Mille augelli di variopinte piume facevano risuonare l'aura di melodiosi concenti. Sotto un padiglione di verzura stavano assisi il governatore e Rosina col ciglio umido per pianto di tenerezza nel mirare tanto allegri i teneri figliuoletti; e la stessa eternamente malinconica Angiolina si era quasi lasciata abbandonare dalle tetraggini, a quelle amabili scene. Dalle vicine boscaglie ad un tratto si era udito il suono flebilissimo di un liuto ed una voce di donna soavissima aveva intonato la seguente patetica canzone: Per il mondo vanno errando Madre e figlio abbandonati, Nulla, ahi! nulla omai sperando Fuorchè sterile piet

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