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Aggiornato: 4 giugno 2025
Beppe parlava come un oratore che non sa, o meglio non vuol venire alla perorazione. Bevette un bicchier di vino offertogli da Baccio e, asciugatasi di nuovo quella fronte piena di passato e di avvenire, continuò ma con una inflessione di voce e con un atteggiamento che accennavano alla catastrofe: Sissignori.
Beppe non potè più contenersi: lo vinse un terribil parossismo: si buttò a terra, si contorceva, si mordeva i pugni e con rantolo straziante: Me lo levino dal sole.... lo nascondano.... lo mettano in un carcere profondo.... ci sono i tribunali per questo.... non lo lascino a mia portata.... Egli parlava dell'assassino della povera Gina.
E leggendo una pagina che ragiona con parole di fuoco del monumento del Grandi per le Cinque Giornate parrebbe ch'egli si contraddica; giacchè quel potente ingegno immaginativo del povero Beppe Grandi ha, secondo me, fatto quel che il Grita vorrebbe, cioè ha sintetizzato in forma plastica un concetto storico, e così chiaramente, così evidentemente, che un plebiscito popolare impose ai giudici accademici la scelta di quel lavoro fuori concorso.
Aveva fatto bene a gettare la bomba sui carabinieri. Ma le conseguenze? I carabinieri rimasti in vita, e sono i più, non sono fuggiti, ma cercano di penetrare nella casa, donde sono uscite le bombe; fanno violenza all'uscio; questo cede; entrano. Dall'alto non scendono altre bombe. Beppe non ne ha certo delle altre.
Intanto Beppe Gualdi, pago di aver conciato il rivale pel dì delle feste, era riuscito a ripassare la siepe prima che i suoi inseguitori lo raggiungessero, mentre che il contino Leonardo, raccolto dai servi tutto pesto e sanguinolento, era trasportato a casa e deposto sopra un canapè.
Che Beppe piantasse la Rosetta era troppo giusto, ma in quanto al contino era meglio non occuparsene. Però questi consigli non ebbero presa sull'animo risoluto del giovane. E poichè nessuno volle venire con lui, egli solo, poco prima dell'ora fissata pel ritrovo dei due amanti, s'introdusse per una siepe nella villa Bollati, e si appiattò in una macchia di lauri a pochi passi dal chiosco.
Gli amici diedero a Beppe tutti questi particolari con maligna compiacenza, ma quand'egli, il cui amore s'era convertito in odio, li invitò ad aiutarlo per somministrare una buona lezione a quel libertino del conte Leonardo, sorsero mille scrupoli e mille dubbi. Non c'era ragione di mettersi in lotta coi Bollati; i signori, si sa, hanno per loro la polizia, e gli stracci vanno sempre all'aria.
E Beppe, alzatosi e camminando a lunghi passi per la cucina, continuava: A questo dubbio che mi afferrò per il collo come una tenaglia rovente, restar un minuto ancora immobile e allo scuro, sarebbe stato lo stesso che morire. Balzai dal letto, accesi il lume, lo accostai a Gina e la fissai... chi sa come, in faccia.
Lasciate ch'io gli parli, dissi. E fattomi innanzi: Beppe, volete darmi retta a me? Mi ravvisò, e togliendosi con moto istintivo la berretta: Sì, signor pittore. Ebbene, obbedite al brigadiere, sar
Il poveretto teneva il capo basso, perplesso fra la reverenza e un gran desiderio di dire di no. Finalmente balbettò fra i denti: Perdoni, ora non posso partire.... ancora qualche giorno per sbrigar certe faccende.... Dimmi il tuo bisogno, farò io per te ogni cosa... Beppe fatto più ardito scoteva il capo.
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