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Aggiornato: 3 giugno 2025
FANNIO. Vedi, Ruffo, tu rovineresti me e leveresti a te l'utile che trarrai di questa pratica. RUFFO. Non temer. Di' sú. FANNIO. Sappi che Lidio mio padrone è ermafrodito. RUFFO. E che importa questo merdafiorito? FANNIO. Ermafrodito, dico io. Diavol! tu se' grosso! RUFFO. Be', che vuol dire? FANNIO. Tu nol sai? RUFFO. Per ciò il dimando.
Era stato raccontava giornalista di grido, nell'Alta Italia, a' suoi be' tempi: lo era ancora qui, adesso, in una gazzetta quotidiana che stentava parecchio la vita e nelle cui trascurate colonne il de Laurenzi poneva, di volta in volta, certe sue rievocative narrazioni partenopee scialbe e sciatte, disseminate di ampollosi rimpianti e miserabilmente intessute sulle cronache de' giornali del tempo, in cui frugava tutta la santa giornata.
Donna, l'onor de' i cui be' raggi ardenti m'infiamma 'l core e a ragionar m'invita, perchè sia nostra penna mal gradita, l'alto nostro sperar non si sgomenti. Rabbiosa invidia i velenosi denti adopra in noi mentre 'l mortal è in vita; ma sentirem sanarsi ogni ferita come diam luogo a le future genti.
Euripilo ebbe nome e così 'l canta L'alta mia tragiedia in alcun luogo Be' sai tu che la sai tutta quanta
Io parlo da maladetto senno. FANNIO. Quando promissi che tu vi torneresti, a tutto avevo io ben pensato. LIDIO femina. Or di': che? FANNIO. Non me hai tu detto che in camera scura stesti con lei? LIDIO femina. Sí. FANNIO. E sol con le mani teco parlava? LIDIO femina. Vero. FANNIO. Be', io verrò teco, come dianzi. LIDIO femina. Oh! oh! oh! a far che? FANNIO. Ascolta. Per serva. LIDIO femina.
ed essa e l’altre mossero a sua danza, e quasi velocissime faville mi si velar di sùbita distanza. Io dubitava e dicea ‘Dille, dille!’ fra me, ‘dille’ dicea, ‘a la mia donna che mi diseta con le dolci stille’. Ma quella reverenza che s’indonna di tutto me, pur per Be e per ice, mi richinava come l’uom ch’assonna.
Be', be', va d'incanto. Ma l'uomo cadendo da un'altura si rompe il collo, si spezza il cranio, e non riporta ferite operate da un ferro tagliente, ed acuto.
Ed ecco un elegantissimo plaustro di madreperla apparire e ristare innanzi alla finestra come un cocchio innanzi all'incarrozzatoio, come un treno innanzi al marciapiedi della stazione: lo trascinavano per aria otto be' draghetti alati, dal mantello roseo, picchiettato di violetto e con le creste e le crinier rosse, scarlatte. La riportò dentro sulle sue braccia la Rosmunda il cui svenimento aveva mutato in benefico sopore. Incarrozzata o meglio implaustrata che fu, mormorò questo scongiuro: L
Be'? mi fece col suo tipico accento pugliese E non bevi? Allora, sorridendo e battendogli con la mano sulla spalla, risposi: Ho capito. Bevo alla salute di Rosa, alla salute di tua moglie, caro Cataldo! Alla vostra felicit
Basta, dunque, pe' fa' breve er discorso, Va be', je fece er re, quer ch'ho promesso Lo mantengo; ma, dice, ve confesso, Che io nun ce vorrebbe avé' rimorso: Per cui, st'affare qui ha da f
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