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Cosma si voltò in soprassalto, la vide, o, per dire più veramente, non potè più fingere di non averla veduta, atteggiò le labbra ad un sorriso, fece un modesto cenno del capo, e passò. Doveva andare in alto, a sbrogliare una vela; non poteva dunque trattenersi da lei. Abarima lo seguì attentamente cogli occhi, per tutto il tempo ch’egli stette lassù; lo vide discendere; sperò che passasse un’altra volta daccanto a lei; ma fu una vana speranza, la sua. Cosma aveva avuto tempo di fingere un’altra necessit

Al ricordo di don Cristoval il volto della marchesa di Moya si era rannuvolato, e il vivido sguardo nascosto sotto le palpebre. Ma le ultime parole la scossero; si dischiusero gli occhi, e tutto il volto si atteggiò ad espressione di doloroso stupore. In un tugurio, Voi dite? Molte nuove giunsero qui, del grande Almirante; non questa, ch'egli fosse in angustie. Non è egli presso la Corte?

Sempre felice con lui: mai divorziata ella diceva. Anche questo doveva apparire dal monumento. Come, voi non avete ancora legge del divorzio in Italy? ella chiese. Taliedo atteggiò il volto alla più infantile meraviglia: non conoscendo il matrimonio, come poteva conoscere il divorzio?

Qui il padre Bonaventura si atteggiò dentro di ad uno di que' sorrisi invisibili che erano la sua consolazione, sorrisi dei quali c'è gi

Don Pio guardò il Rosati e atteggiò le labbra a un lieve sorriso di scherno vedendo quel tugurio basso, tutto pieno di tavole, i quartaroli del vino posati sulle panche e vedendo sopratutto quei pezzi d'uomini di bandisti aggruppati sopra il palcoscenico, con le quinte più basse di loro e le teste che rimanevano celate dal palco; ma fu un sorriso impercettibile, e messosi l'occhialino all'occhio sinistro si accostò alla sora Lalla e le stese la mano.

Alla vista delle signore Ruggeri il giovane praticante dello studio gettò in fretta il mozzicone del sigaro da un soldo, si atteggiò al più grazioso sorriso, abbassò rispettosamente il cappello fino al ginocchio, strinse la mano all’avvocato, presentò i suoi complimenti alla signora Emilia, un sorriso ed un’occhiata alla signorina Metilde, e si unì alla comitiva che passeggiava su e giù dal fondo della piazza alla basilica, andando e ritornando come tutti gli altri.

E come egli credeva che gli volesse dare un bacio, atteggiò e appressò le labbra. Ella non lo baciò. Gli mormorò rapidamente, guardandolo negli occhi: Tu non devi dire a nessuno che m'hai vista! Hai capito? A nessuno! E l'atto e il suono della voce furono così imperativi che il ragazzetto, istintivamente, si ritrasse, e ritorse la faccia e cercò di liberarsi.

Il sottoprefetto di Castelnuovo Bedonia atteggiò le labbra ad un sorriso tra l'arguto e il melenso, che rispondeva benissimo allo stato particolare di un uomo, il quale per ragione dell'ufficio dovesse indovinare a volo e che frattanto avrebbe voluto essere aiutato un pochino. Una meraviglia! esclamò egli avvicinandosi e cercando di guadagnar tempo.

E il pugnale non è stato mai più presentato al Generale, perchè Angiolo Guelfi non era uomo da mettersi in mostra. Aveva compiuto un dovere, voleva di più. Però Garibaldi trovò il modo di dimostrare la sua gratitudine. Nel 1859 venne a prendere a Modena il comando delle truppe toscane. In esse era volontario Guelfo, l'unico figlio di Angiolo Guelfi, che secondo le istruzioni del padre non si presentava al Generale. Lo seppe però questi una sera per circostanza fortuita, e ordinò che si andasse tosto a chiamare il figlio del suo amico, come esso diceva. Non fu possibile trovarlo la sera, per cui fu avvisato di portarsi la mattina successiva al Quartier Generale. Vi andò, e modestamente si atteggiò, quando entrato nell'anticamera la trovò piena di ufficiali superiori toscani ivi riuniti per il rapporto giornaliero. Salutò militarmente i suoi superiori, poi, non sapendo che fare di meglio, si ritirò nel vano di una finestra. E quivi stava, guardato con occhio sprezzante da tutti quegli ufficiali gallonati, che avevano servito la casa di Lorena, ed ora servivano il popolo toscano. Passò un sotto-tenente di Stato Maggiore, volontario anch'esso e amico del Guelfi figlio, e a questi si diresse il giovane maremmano per pregarlo di dire al Generale che esso era l

Il vescovo di Bovino, che era rimasto immobile ad udire, atteggiò il volto a lieve sorriso di scherno verso i due che tanto brutalmente l'insultavano, poi disse: Sia fatto il vostro volere, principe di Salerno. Noi recheremo le parole vostre, così scortesi che ce le avete volute dire; ed innanzi a questa nobile assemblea di baroni, prendendo a testimoni Cristo, la Madonna di Lacedonia ed il barone san Tomaso di Bovino, facciamo sacramento, che, a contare da oggi a sei mesi, vi avremo dimandato conto dell'oltraggio, sotto la vostra medesima citt