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Aggiornato: 15 maggio 2025


Vive, appassionate, enimmatiche, si evocavano intanto ai loro occhi le scomparse figure di donne e, ad un tratto, dinanzi alla irrompente piena di ricordi, le voci tacevano un poco. Allora si sentiva il silenzio solenne della campagna assopita sotto il sole declinante, mentre l'azzurro del cielo leggermente velato pareva l'immensa evaporazione del mare e le vele latine si tingevano di porpora.

Si assopì da capo. Il padre si sentiva soffocare in quella camera dove si respirava l'agonia ed uscì fuori: vi era del tragico in quella figura di vecchio colpito dalla disperazione. Silvia si era assopita, ma la fierissima febbre rendeva leggiero il suo sonno: erano le sei e mezzo; il treno che veniva da Roma fu annunziato dal suo fischio. Essa si destò di soprassalto: era sola.

Era assopita. Il conte la credette addormentata. Il piccolo rumore di una carticina gualcita le fece aprire gli occhi. La contessa vide suo marito disuggellare una cartellina, versare sulla pezzuola di batista una polvere di cui ella non distinse il colore, avvicinarsi al letto e presentare la pezzuola alla bocca di lei. Respirando ella doveva aspirar naturalmente la polvere stessa sul mocicchino.

Quando la vide assopita, la baciò in fronte e si ritirò sulla punta dei piedi. Ella dormì più di un'ora, d'un sonno nero, pesante. Quando si svegliò non seppe raccapezzare alcuna idea e le pareva d'aver perduto la memoria; solo si ricordava d'aver molto sofferto. D'improvviso si toccò la fronte con la mano come si fosse a un tratto risovvenuta di qualcosa.

La mia guida mi incorava colla voce a salire; ma l’ascesa, divenuta più erta mi toglieva il respiro; poi venne un soffio di vento a scompigliare, senza diradarlo, l’enorme viluppo grigio che mi avvolgeva; un vento gelato che mi fece correre per il filo della schiena i grossi brividi della febbre e mi lasciai cadere sull’erba sfinito, senza voglie, in preda ad uno smarrimento simile a quello del sonno a lungo sospirato, di cui la coscienza assopita ma non sorda, avverte la venuta e pregusta la dolcezza.

Lentamente l'Ercolano si riaddossò ai cuscini e vi affondò il capo. Sulla sua pallida faccia passò un'ombra di tedio e di stanchezza. Dunque si resta intese disse la suora Domani non si va via. E le porterò le ciliege, domani. La rossa aveva chiuso gli occhi. Pareva assopita. La suora si chinò sopra di lei e le mormorò: Arrivederci, non è vero? Arrivederci... balbettò la convalescente.

Dopo il primo abbattimento, dopo la prostrazione, in cui gettano a un tratto le angosce supreme, avviene nell'animo umano una pronta reazione. La coscienza assopita si ridesta, le sofferenze divengono più generali, ma si fanno meno acute. La mente riacquista il privilegio funesto di poter esaminare, ragionare il dolore. Antonietta poco appresso si scuoteva dalla sua atonia.

Rosa, la vecchia cameriera, venne silenziosamente a mettersi dietro De Nittis: la sua faccia grinzosa, fra la cuffia nera e il largo fazzoletto di lana a quadroni cupi sulle spalle, pareva assopita.

La morente pareva assopita: un respiro lieve, ma affrettato, le usciva dalle labbra assottigliate, aride, livide, semiaperte; le mani brancicavano con moto macchinale il lenzuolo; le palpebre richiuse apparivano così affondate nelle occhiaje che avreste detto non esservi più di sotto il bulbo; la fronte libera, dai capelli tirati indietro, pareva enorme, il viso invece stremenzito non maggiore di quello d'una bambina. La suora di carit

Dunque non ha aggiunto nessun nome al suo.... E se avessi intravvisto male? Vorrei vedere subito. No, domani. E in quante speranze mi perdo! Si era un po' assopita l'anima mia. Perchè torno a svegliarmi? e sento tanto tormento di incertezze e di speranze? Vorrei. 5 gennaio. A che studiare?

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