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Aggiornato: 10 maggio 2025


Aver lo spregio.... E non leggerlo sui volti! O Follìa!... Pensier tremendo!... Forse l'estro ond'io m'accendo È lo stigma del Destino, Che mi colse da bambino!... Le notturne ore discesero; Son deserti i foschi androni; Gi

Ma per gli androni bui, sotto le vôlte Striscian fantasmi oscuri. Strisciano larve di minaccia avvolte Lungo il viscido e freddo orror de’ muri: E s’anima ad un tratto, ecco, ogni cosa, E umana forma prende, E sobbalza, gigante e maestosa: Viva una fiamma qua e l

A' nostri , in quel convento, pei corritoi e per gli androni strillano i bimbi, e dalle porte delle celle vedi le mamme curvate sul paiuolo bergamasco, impugnando il matterello, lo scettro della famiglia, e tramestando la polenta d'oro.

Io vi veggo dell'Ospizio Negli androni lunghi e scuri Sfilar tutti e, a larve simili, Rasentar gli scialbi muri; E me stesso e il mondo oblio Nell'udir lo stropiccìo Delle scarpe trascinate Sulle pietre levigate. Quest'Ospizio, or non è un secolo, Era un chiostro solitario; Vi dormian, tranquilli, i monaci Fra una cena ed un rosario: Quella pace chi rimembra?

Ecco quello che mi occupava... che mi ha per tanti mesi occupato... Alla fine avevo rinunziato, lo confesso, alla speranza di riuscire a identificare l'orma di quel piede... Molto tempo dopo, riflettendo al delitto... non pensavo mai ad altro... mi rammentai che una notte del 1831, mentre ero di servizio, in uno degli androni del Ghetto, avevo udito certi insoliti rumori, i quali mi avevano insospettito... Ero entrato nell'androne... avevo visto gente a qualche distanza in una stanza aperta e illuminata... due uomini che gesticolavano, e un'ombra di donna, che appariva di tanto in tanto sulla parete... Inciampai in un ferro... subito il lume fu spento... Rimasi al buio nel lungo androne nel quale gettava qualche bagliore la mia lanterna...

E così frammischiando il comico al serio, noi andavamo per questi strani quartieri sotto l'occhio vigile della polizia, che non ci perdeva di vista. Con quali cure paterne ci guidavano quei buoni constabili!... con quanta intelligenza ci dirigevano attraverso viuzze impure, cortili oscuri, androni che sembravano senza uscita!... Si capiva che la nostra vita era loro affidata. Ed infatti senza la loro continua sorveglianza, non solamente saremmo stati svaligiati perfino della camicia (domando perdono agli Inglesi di pronunciare questa parola, che qui è di circostanza), ma fors'anche maltrattati, se avessimo voluto difenderci. Le faccie che incontravamo si erano come rabbuiate. Abbeverati d'alcool, i pezzenti di cui percorrevamo le dimore, tornarono a casa a tastoni. Alcuni si coricavano lunghi distesi a' piedi d'un muro, per non più rialzarsi fino al mattino; altri si lasciavano andare sopra un mucchio d'immondizie, dove scomparivano per met

In pochissimo tempo furono al palazzo ducale; il Mandello, entrando a galoppo, ne fece risuonare gli androni così, che i famigli del Lautrec ne fossero avvisati; e senz'altro affacciatosi all'ingresso delle stalle ducali, chiamato il mastro scudiere: Fate insellar tosto il cavallo pel figlio di sua eccellenza, gli gridò in tuono alto; e tu, voltosi ad un famiglio che gli passava presso in quella, presto, va negli appartamenti del figlio del governatore, di' al suo uomo lo conduca subito abbasso, che sua eccellenza lo vuole in castello; ma che si spacci, perchè sa bene come sua eccellenza ciò che vuole, lo vuol presto.

Batteva l'ora di notte all'orologio della torretta, e in quel momento dai quattro lati del castello si udirono i suoni delle trombe che chiamavano a raccolta. E in ogni parte del castello, nel cortile, sotto gli atrii, sotto gli androni, sugli spalti che guardavano la gran fossa, alle feritoie, ai merli era un tumulto, un frastuono, un brulichio d'armati incessante, e in quell'ora quel vasto ricinto rendeva l'immagine come di un grande alveare nel quale confusamente s'agitassero ronzando migliaia e migliaia di armati. Siccome non avevasi a passare che una sola notte col

Le rughe vi si moltiplican ratte, e le vuote pupille s'oscurano a contemplare, avide, intente, l'esasperato slancio della strada che follemente sospinge l'eterna disperazione di quello strano, immobile torrente. O decrepite case dalle facce arcigne, perchè aggrottate così le vostre ciglia granitiche?... Io non ascolterò i sinistri rimproveri che i vostri cupi androni van borbottando la sera!

Che è che romba per gli androni, ed empie di la casa, e palpita e volteggia nell’aria?... È il cuore, è il cuor che mi vaneggia, è il sangue che mi batte entro le tempie. Che è che balza su la brage, e nella cappa rugge una sua rossa parola?... .... Anima, tu, che esulti d’esser sola, e ardi, e dal tuo rogo esci più bella. La soglia è grigia, di corroso sasso.

Parola Del Giorno

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