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Aggiornato: 11 giugno 2025
Aletto in tanto per lo giogo ombroso E del Filermo ne l'alpestro orrore Scorse AMEDEO, che di pugnar bramoso Da travagliarsi in armi attendea l'ore. Ei da l'antro selvaggio, ove nascoso La notte soggiornò, sen venne fuore A guardar, se fra l'orride foreste Scender vedeva a sè nunzio celeste.
Domandi loro se Isabella è ancora sul trono o no: non lo sanno. Domandi loro chi è Don Amedeo: non ne hanno mai inteso il nome. Nascono e muoiono come le mosche, e vivono come secoli fa, moltiplicandosi senza uscire dai propri confini; ignoranti e ignorati, non vedendo altro in tutta la loro vita fuor che la valle che s'apre sotto i loro piedi e l'Alhambra che torreggia sul loro capo."
Il signor Amedeo sapeva proprio tutto, siccome aveva detto pur dianzi. Che cosa soggiungergli allora? E prima d'ogni altra cosa, come guardarlo in faccia? Il nostro eroe non sapeva davvero in qual modo uscire dal ronco. Frattanto rimaneva lì grullo, cogli occhi bassi e le braccia penzoloni davanti al suo giudice, aspettando un'altra frase che lo facesse cadere da capo sulle ginocchia.
Argomento del Poeta: «Nel VIII (sic) Aletto addensa l'aria in modo, che si cessa dal combattere: Amedeo entra nella citt
Ma insomma, disgraziato, gridò il signor Amedeo, muovendogli incontro con piglio sdegnoso, si si può sapere senza tante frasi drammatiche, tutto il male che avete fatto fin qui? Avreste per avventura creduto di restar orfano a breve scadenza, tanto da impegnarmi cogli usurai tutto quello che i vostri vecchi hanno accumulato colle loro fatiche?
Il cav. d'Urfè con più di ragione condanna questa parte del poema; adducendone tre motivi; che i fatti degli antenati non dovevano essere ignoti ad Amedeo; che non v'ha ragione di far palesare da persona venuta dal Cielo le cose scritte nella memoria degli uomini; che non era quello il momento di trattenere Amedeo ad udire il racconto di S. Maurizio.
Aveva fatto il giro dell'isola per vederne tutte le opere, ed a Palermo, quando lasciava il suo grazioso pianterreno del Corso Alberto Amedeo, passava le sue giornate fra la Biblioteca comunale e il Museo nazionale, attorno agli scritti su Pietro Novelli ed alle pitture di lui.
E dice: abbandonata quì dimori, Ed apri al pianto, ed a' sospir le porte, Ma schernendo Ottoman gli altrui timori Contra il grande AMEDEO s'appresta a morte; Certo, che fra le piaghe, e fra i dolori Andranne al ciel re coraggioso, e forte, Specchio ad altrui de la virtute umana; Ma pensa tu, che fia di te, Sultana.
Tale al grande AMEDEO fassi da presso, E col furore estremo, onde s'accende, Batte lo scudo, e col furore istesso L'elmo e 'l cimier ch'immortalmente splende. Ma non che di piagar gli sia concesso Lui, che l'arnese eterno arma e difende, Rintuzza il brando. Ed AMEDEO gli ha posta La fiera spada ne la destra costa. */
Qui intanto non avete a fare più nulla, ch'io mi sappia. Oh no, purtroppo; rispose il giovane ma voi, padre mio? Non vi date oggi più pensiero di me che non abbiate fatto in quest'anno di scapestrataggine; rispose il signor Amedeo, tornando alla sua parte di burbero. Io, poi, ci ho il mio resto di contentezze a Torino.
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