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NER. A Roma, io , te mostrerò: ma pria chiarir voglio, se in Roma il signor vero son io. Tu corri, Tigellino, al campo; tacitamente i pretoriani aduna; terribil quindi esci improvviso in armi sovra gli audaci; e i passi tuoi sien morte di quanto incontri. TIGEL. Io l'ardirò; ma incerto ne fia l'evento assai. Feroce l'atto parrá, col ferro il rintuzzar la gioja.

Or giuramenti orrendi, per cui sua testa agli infernali Numi consacra; or spande liberi, e feroci detti, che attestan tua virtude; or giura piú a grado aver e funi, e punte, e scuri, che l'oro offerto di calunnia in prezzo. Di Tigellino ei le promesse infami chiare ad ogni uomo fa; lo ascoltan pieni d'inusitato orror gli stessi feri suoi carnefici, e quasi le lor mani trattengon, mal loro grado.

Un sorriso di scherno sfiorò le sue labbra. Con Tigellino! Godesse pure! Egli, l'immortale, fingeva di non vedere, di ignorare. Ma sarebbe venuto il suo giorno! Era venuto per Messalina, sua madre: sarebbe venuto anche per loro. Giove Nerone risparmiava i suoi fulmini; ma guai quando li lanciava! Guai a colui che ne veniva colpito!

NER. Or, Tigellino, vanne; miei comandi eseguisci: e tu, ricalca l'orme tue stesse; Ottavia incontra, e dille, ch'io solo quí sola l'aspetto. È rea Ottavia assai; qual dubbio v'ha? sol duolmi che a convincerla primo io non pensai. E fia pur ver, ch'altri ad apprender abbia mezzi a Neron per atterrar nemico?