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PANFAGO. Mentre dará spaccio alla sua mercanzia. Verrá a voi al tardi o al piú domani, tratterá su questo negozio e, liberato dal peso, tornará quanto prima a Raguggia. MANGONE. Da dove vengono questi schiavi in Raguggia? PANFAGO. Da Segna in Raguggia, e d'indi li portano in diversi paesi. MANGONE. Quanti ne ha portati per vendergli?

ISOCO. Dico che questa giovane fu rapita dalla sua balia e portata in Raguggia sua patria. La cagion della rapina fu che, nascendo la bambina, morí sua madre nel parto; e restando la balia col padre in casa, o che si fusse innamorato di lei o che fusse intemperante di sua propria natura, la ricercò piú volte dell'onor suo.

PANFAGO. Veramente farò cosí, poiché voi altresí mi avete liberamente promesso servirvi della nostra in Raguggia; faremo ragione insieme: noi vi condurremo delli schiavi e voi li venderete, e saranno fra noi le perdite e i guadagni communi. MANGONE. Mi contento d'ogni vostro contento. PANFAGO. Ma vo' che non mi neghiate una grazia. MANGONE. Eccomi all'obbedire.

CAPITANO. Le robbe di Raguggia son buone: e stimo che le robbe di Napoli, come tu sai, sieno piene di furfantarie e di sporchezze; e se tutti i napolitani sono come tu sei, dal cattivo saggio che me ne dái, son uomo da tornarmene in nave or ora, far vela e girmene all'Indie nuove, per non aver a far con simili uomini. MANGONE. Qui in Napoli avemo buona ragione.

MANGONE. E non contento di avermi rubbata la mia schiava, per svillaneggiarmi mi mandasti un presente pieno di furfanterie, con dirmi ch'eran le miglior robbe di Raguggia.

PANFAGO. Menti per la gola, ch'io non ho ciera di malandrino. MANGONE. Possa morir di mala morte, se tutto non rassomigliava a te! PANFAGO. Mio padre fu raguseo, e in Raguggia ho un fratello che tutto rassomiglia a me. Io non ce ho colpa in fatti in parole. MANGONE. O Dio, che mi giova di essere uomo da bene, se la disgrazia mi persegue e altri invidiano il mio guadagno?

Ed avendogli ella piú volte detto che nel fatto dell'onor non volea esser molestata in conto veruno, che altrimente si partirebbe, ed egli non restando di noiarla, non s'arrestò di quanto l'avea minacciato: onde, per fuggir gli disonesti assalti del padrone, se ne fuggí di casa sua e se ne venne con la bambina in Raguggia, dove dimorò tre anni.

MANGONE. Queste son di soverchio assai; m'avete qui condotto meza Raguggia: mi bastavano due salcicciotti, un prosciutto per segno di amorevolezza. Filace, conduci cotesti giovani dentro, discaricagli e dágli alcuna ricreazione: ponigli assai robbe e vino innanzi e lasciagli mangiare a lor piacere. PANFAGO. Tutto è soverchio, amico caro: basta che bevano una volta per uno. Speditevi tosto.

ISOCO. Io lo so, che quando Galasia gionse in Raguggia, si maritò meco; e siam vissuti insieme dodici anni, pensandomi sempre che questa fanciulla fusse sua figlia, d'un suo primo marito.