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Esagero, calunnio? Si ascolti non la mia, ma la voce del giornale ufficioso più autorevole che ci sia in Italia e che nella sua amarezza lascia comprendere che se in alto si è soddisfatti dell'opera soldatesca del generale Morra, nelle sfere ministeriali, invece si è assai malcontenti della sua opera civile. «Il paese dice la Tribuna attendeva da lui un principio di pacificazione. Era in condizioni di ottenerla. Tutte le vie gli erano aperte: autorit

La cooperativa riusciva assai giovevole ai miseri contadini ed era perciò antipatica ai galantuomini; perciò il generale Morra si affrettò a discioglierla per dare soddisfazione, come sempre, agli oppressori contro gli oppressi. I contadini ripetutamente si rivolsero a me per ottenere una giusta riparazione, ed io alla mia volta ne scongiurai amici e congiunti dell'on.

Il generale Morra di Lavriano non permise mai che venissero divulgati in Sicilia i più innocenti commenti e le notizie più esatte che circolavano liberamente da Susa a Reggio Calabria; che per telegrammi si conoscesse nel continente la verit

NOTE: In Palermo fece rumore il caso di Parco. L'amministrazione fu sciolta perchè furono dimostrate fondate le accuse portate contro di essa dal Fascio. Vi fu mandato come regio Commissario il sig. Benedetto Carrozza, che conoscendo i fatti cercò riparare al dissesto economico e ai disordini amministrativi; ma i rei seppero ingraziarsi il generale Morra, e il regio Commissario di Parco si dimise, per provvedere al proprio decoro e forse anche alla propria libert

Il generale Morra di Lavriano terminò la sua eloquente, patriottica e veritiera concione facendo un parallelo tra le vittorie ottenute in Sicilia dai soldati italiani e quella, allora recentissima, ottenuta in Africa ad Agordat, non senza esprimere il rammarico che essi dovevano provare combattendo contro uomini che parlano la stessa loro lingua... E dopo il solito volo lirico all'unit

«Ebbene, è deplorevole che questo sentimento elementare non sia stato capito dal signor generale Morra di Lavriano, il quale ha creduto delicato, opportuno, gentile, scegliere proprio il giorno, in cui si pronunziava quella enorme requisitoria... (Interruzioni) per indire, proprio in quel giorno, in via eccezionale un solenne festoso banchetto ai notabili e all'alta societ

Il giorno 4 viene proclamato in Sicilia lo stato di assedio: il generale Morra di Lavriano e della Mont

Gli accorgimenti di Manfredi non dovevano gran pezza durare; egli li aveva operati per sospendere i casi presenti, sapendo che da cosa nasce cosa, e il tempo la governa, e per dare a divedere all'Hochenberg che penetrava i disegni suoi, e poteva renderli vani. Infatti il Marchese pensando che il sottomettersi adesso dopo Manfredi non gli avrebbe fruttato molto utile, stimò meglio mantenersi nemico, ed aspettare occasione di vendere a caro prezzo la sua resa. L'occasione non tardò molto a venire. Vedeva Manfredi la petulanza dei fuorusciti napoletani, Morra d'Aquino, San Severino, che seco lui abitavano in corte del Papa; e con destrezza maravigliosa dissimulava, e gli oltraggi ricevuti altamente nell'animo imprimeva, divisando bene vendicarsene un giorno. Intanto Bonello di Anglone, suo capitale nemico, ottenuta dal Papa la investitura di parte del Principato di Taranto, per la strada di Alesina s'incamminava a prenderne possesso. Manfredi in quel giorno medesimo, avendo saputo che l'Hochenberg con lo esercito si avvicinava, mosse da Teano per andare ad abboccarsi con lui. Volle la fortuna, che per via s'imbattesse in Bonello, il quale tutto orgoglioso si avanzava tenendo la mano dritta del cammino. Manfredi scongiurava i compagni, affinchè adesso lo lasciassero stare, non sarebbe mancato tempo a trarne vendetta; ma essi risposero, che non avrebbero consentito giammai che si facesse un tanto spregio al figliuolo dello Imperatore Federigo. Le due compagnie si accostavano, quella di Bonello sembrava volesse cedere; allora Marino Capece, uomo di natura avventata ed amicissimo di Manfredi, trascorse col suo destriero, e percotendo con la mazza ferrata le spalle di Bonello: «Scendi, schiavogli disse «e fa omaggio al figlio del tuo ReQuesto fu il segnale della battaglia; posero mano alle spade, e cominciarono a menare. Il Principe, da che non aveva potuto impedire che accadesse quel fatto, si studiò che riuscisse felice; e da franco cavaliere spintosi con incredibile furia addosso al Bonello, lo afferra al cimiero, gli scioglie la barbuta che gli difendeva la testa, e col pugnale gli sega la gola: i compagni di Bonello, visto quel caso, fuggono a precipizio. La nuova giunse tosto in corte del Papa, il quale, infellonito per la morte d'Anglone, spedì gente a perseguitare l'uccisore. Manfredi, stimandosi male sicuro all'aperto co' suoi fedeli, si rifugiò nel castello dell'Acerra, dove rimase alquanti giorni. Bertoldo, visto Manfredi in disgrazia del Papa, gli si fece subito nemico, o con tutto il suo esercito ad Innocenzio si vendè. Il Marchese Lancia avvertì il suo nepote Manfredi, affinchè si partisse dall'Acerra. Manfredi adesso ramingo e profugo era venuto in parte che non aveva più terreno che lo sostenesse. Sperava ripararsi in Lucera, ma anche questa citt

I fumi del vino e l'atmosfera calda del locale, perchè poco aerato, facean gradito ai nerboruti interlocutori, lo starsene in maniche di camicia, e anche colle maniche rialzate sino all'ascella: licenze non vietate nel locale, veramente plebeo, e che servivano pure a facilitare una partita alla morra, ciocchè si eseguiva spesso, anche per nascondere alla moltitudine, sotto il manto del divertimento alcuna deliberazione importante. La terribile setta della camorra non ammetteva indugi. Potevasi, per esempio, giungere al banco della bella Giovanna, essendo profani, bevervi o mangiare qualche cosa seduti sulle panche e tavole esterne di cui gi

E chi infine oserebbe mettere in dubbio la delicatezza dei sentimenti del Generale Morra di Lavriano e della Mont