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Io non so ben ridir com'i' v'intrai, tant'era pien di sonno a quel punto che la verace via abbandonai. Ma poi ch'i' fui al pie` d'un colle giunto, la` dove terminava quella valle che m'avea di paura il cor compunto, guardai in alto, e vidi le sue spalle vestite gia` de' raggi del pianeta che mena dritto altrui per ogne calle.

Questa palude che 'l gran puzzo spira cigne dintorno la citta` dolente, u' non potemo intrare omai sanz'ira>>. E altro disse, ma non l'ho a mente; pero` che l'occhio m'avea tutto tratto ver' l'alta torre a la cima rovente, dove in un punto furon dritte ratto tre furie infernal di sangue tinte, che membra feminine avieno e atto,

Lo ben che fa contenta questa corte, Alfa e O e` di quanta scrittura mi legge Amore o lievemente o forte>>. Quella medesma voce che paura tolta m'avea del subito abbarbaglio, di ragionare ancor mi mise in cura; e disse: <<Certo a piu` angusto vaglio ti conviene schiarar: dicer convienti chi drizzo` l'arco tuo a tal berzaglio>>.

Però mi lusingai che si sarebbe ravveduta. "Per tutto il successivo attesi inutilmente Eugenio. Quando fu presso all'imbrunire uscii sperando d'incontrarlo per via, mi recai alla sua abitazione, e seppi che era rimasto assente tutto il giorno. Rifeci i miei passi sulla soglia incontrai Clelia che m'avea aspettato dalla finestra.

128 Mie sono l'arme, e 'n mezzo de la via che vien d'Armenia, un giorno le lasciai, perché seguire a piè mi convenia un rubator che m'avea offesa assai: e la mia insegna testimon ne fia, che qui si vede, se notizia n'hai. E la mostrò ne la corazza impressa, ch'era in tre parti una corona fessa.

seguitando il mio canto con quel suono di cui le Piche misere sentiro lo colpo tal, che disperar perdono. Dolce color d'oriental zaffiro, che s'accoglieva nel sereno aspetto del mezzo, puro infino al primo giro, a li occhi miei ricomincio` diletto, tosto ch'io usci' fuor de l'aura morta che m'avea contristati li occhi e 'l petto.

<<Tra tutto l'altro ch'i' t'ho dimostrato, poscia che noi intrammo per la porta lo cui sogliare a nessuno e` negato, cosa non fu da li tuoi occhi scorta notabile com'e` 'l presente rio, che sovra se' tutte fiammelle ammorta>>. Queste parole fuor del duca mio; per ch'io 'l pregai che mi largisse 'l pasto di cui largito m'avea il disio.

«Ma poi ch'i' fui», errando e cercando come di quella uscir potessi, «appiè d'un colle giunto», cioè pervenuto, « dove terminava», finiva, «quella valle», nella quale era questa selva oscura, «Che m'avea di paura il cor compunto», cioè afflitto, «Guardai in alto e vidi le sue spalle», cioè la sommitá quasi, come le spalle nostre sono quasi la piú alta parte della persona nostra, «Coperte giá de' raggi del pianeta», cioè del sole, il quale è l'uno de' sette pianeti.

Quanno arrivai a Posilipo, appena m'avea ciancoliati quattro muorzi, quanno scappa Dio e fa buon iuorno, ca sento gridar «turchi! turchi!». Chilli strilli me fecero scorreiare e chilli quattro muorzi me deventaro tosseco. L'uocchio dello bifaro me se fece tantillo e le nateche me facevano lappe lappe; ca se m'arrivavano, me ne sorchiavano commo n'uovo friscu.

Cosi` per Carlo Magno e per Orlando due ne segui` lo mio attento sguardo, com'occhio segue suo falcon volando. Poscia trasse Guiglielmo e Rinoardo e 'l duca Gottifredi la mia vista per quella croce, e Ruberto Guiscardo. Indi, tra l'altre luci mota e mista, mostrommi l'alma che m'avea parlato qual era tra i cantor del cielo artista.