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Senza fine la baciai, la baciai, mentre Graziella implorava come in sogno con una voce monotona quasi meccanica piangendo felice. Lavami, lavami, lavami, amore, lavami! La camera si gonfiò di delirio e di fantasia. Navigava in cielo, forse rapita dalla corrente della via Lattea. Notte illimitata, ebbra di sublime. Notte fuori dallo spazio e dal tempo.

Graziella cresceva a vista d'occhio, era bianca, rossa e prosperosa, ma di una bellezza volgare; avea poco cuore, e quando poteva, cercava d'umiliare la sorella in tutti i modi possibili; raccontava i suoi trionfi, i complimenti che le venivano fatti; era continuamente occupata ad adornarsi e ad agghindarsi allo specchio, pensava sempre a vestiti nuovi, tanto che il babbo dovea lavorare dalla mattina alla sera, per appagare i suoi capricci.

Dopo un altro mese un pittore di stanze prese il posto della fiorista. Finalmente, dopo due anni Graziella, la stiratrice, in una mattina di maggio, vide passare l'impiegatuccio a mille e duecento, e per volerlo guardare e sorvegliare troppo abbronzò una camicia, dimenticandovi su il ferro rovente. L'impiegatuccio guardò nella bottega della fiorista e ci vide il pittore di stanze.

Carmela le difendeva: Sarebbe stato un peccato che Graziella venisse presa da una malattia così terribile, che può lasciar tracce sul viso, diceva scusandole.

Anna non s'avvicinò nemmeno al letto per salutare il marito, e assieme a Graziella, che quando aveva inteso parlare di vaiuolo non era più entrata in casa, andò a Portici, presso una vecchia parente.

Mano mano che Graziella cresceva, erano per lei, non solo le carezze e i baci, ma altresì i vestiti più belli, i bocconi più saporiti; in casa i genitori la tenevano come una regina, e appagavano tutti i suoi desiderii, ed essa era capricciosa, volea sempre uscire, andare a divertirsi, e la mamma che non sapeva negarle nulla, la conduceva al passeggio, in riva al mare, a giocare cogli altri ragazzi, e lasciava Carmela sempre a casa, a far bollire la pentola, come Cenerentola.

Quando Giovanni incominciò a star meglio, allora conobbe la grande abnegazione della sua figlia, e l'egoismo della moglie e di Graziella, e disse a Carmela: Tu sei un angelo. Guai se non eri tu a curarmi! sarei morto come un cane; e dire che a te non badavo nemmeno! Come mi pento d'essere stato così ingiusto! Ma ora, noi due staremo sempre assieme, e le altre resteranno l

Essa però pensava sempre ad Anna e Graziella, che non sapevano lavorare, e sarebbero certo morte di fame; e quando il padre aveva fatto una buona pesca, riempiva in segreto una cesta di pesci, e sull'imbrunire andava nell'antica viuzza accanto alla casa dove era nata, e sulla soglia lasciava la cesta, e poi rifaceva la via in un lampo.

Intuisco e fiuto il letto fra le luci palpitanti del lumicino ad olio di una Madonna rosea-blu. Mi chiamo Graziella, mi piaci, baciami. Baciami tanto, tanto, tanto! Ho sentito tanto parlare di te, sai! Da una mia amica che sta a Roma. Sei un grande poeta, un uomo celebre! Come farò io a piacerti?

Un giorno Anna e Graziella si spaventarono nell'udire che una loro vicina era morta di vaiuolo, e che la malattia regnava nella citt