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Aveva presso di chiamato Cuno, onde non passare al cospetto di Dio così sconfortato e deserto di ambo i figliuoli. Cuno si era recato per dare al padre la benedizione dei moribondi. La pietosa lettera di Goccelino arriva, li commove entrambi. Bonizone lo benedice e spira. E la ragazza? dimanda la principessa di Salerno. La ragazza di Bertradina fu salva da Bonizone.

Baroni, ecco la storia che io contai a Melfi, soggiunse l'abate di Cluny, Cuno non morì. Roberto Guiscardo subito dopo sposò Alberada. Innocente come era ed angosciata per doversi separare dal padre, la santa fanciulla quasi invita lo seguitò all'altare. Questa memoria, udendo il mio racconto, allucina Roberto, che appone ad amore per altrui il pietoso stato dell'animo di colei, la quale avrebbe tolto anzi morire che dipartirsi dal padre suo. Alberada fu ripudiata. Decidete or voi, monsignore, se la verit

Perocchè Cuno non dava a quella donna che pietosi avvisi, e la confortava a sopportar paziente il disgusto che il marito aveva concepito per lei, e le cento scipite fole che sul fatto del morgingab correvano pel volgo. Sia però come vuolsi, certo gli è che dopo sei mesi Bertradina sgravò, e mise a luce una bambina. Corpo dell'ostia! grida Gisulfo, dopo sei mesi voi dite? , monsignore.

Non è di lui che io favello, non è di lui. Altri sventurati volle Iddio provare coi fatti che io sono stato costretto a narrare. Bene sta, ser abate, bene sta, freddamente dice Gisulfo; andate innanzi, perchè noi sappiamo oggimai distinguere l'astore dall'airone. E l'abate tutto rosso e mortificato proseguì: Il povero Cuno intanto dal sonno cadde nello svenimento.

Giselberto forte s'indigna della soverchieria che si pensa fatta per trappolargli un cavallo, e manda a vedere alla camera dell'altro fratello. Allo spettacolo miserando si commuove ognuno. Tutto il castello si caccia sossopra, si mette in opera ogni sollecitudine per aiutare il disgraziato. Cuno in effetti rinviene, e domanda di Goccelino. Gli narrano della fuga di lui.

Cuno giunse al castello. Tenera, effusiva dalla parte di Goccelino fu la riconciliazione. Cuno lo perdonò. Vide anch'egli intanto la giovinetta: seppe i pensieri di suo fratello. E fosse stato che Cuno palpitasse pei giorni di quella fanciulla, con un uomo che tanto ingiusto e brutale con Bertradina si era addimostrato, fosse stato piet

Figuratevi, belle dame, se Cuno piangesse, continua l'abate, nel mettere piede fuori la soglia claustrale. Egli a vero dire non piangeva gi

Dovete dunque sapere, mie belle dame, che in una piccola terra di Toscana, non ha molti anni, viveva un falegname, povero ma distinto per pensieri onesti. Dio aveva confortato il suo letto maritale di due figliuoli. Il maggiore, chiamato Cuno, aveva indole, figuratevi! tenebrosa e selvaggia come toro non domesticato, carattere altero, indomito, e sopra ogni credere ostinato e tenace nel suo proponimento. L'altro poi, Goccelino, di otto anni più giovane di Cuno, era un folletto, vispo, franco, sempre vago di piaceri e di armi, generoso e liberale come poteva. Perciocchè il corpo, giusta le dottrine del santo padre Aristotile, prende la qualit

E l'ubriaco di sete, soggiunge Baccelardo. L'abate sorride e prosegue: Dovete dunque sapere che era stato grande amico di suo zio, un uomo piacevolone, quell'arciprete Giovanni Graziano, che fu poi papa Gregorio VI. Aveva costui veduto parecchie fiate il giovane Cuno, e dallo zio ne aveva udito mirabilia, riguardo all'ingegno ed alla piet

Così fa, e le lettere partono per due vassalli che il barone spicca. Suo suocero lo aveva da lungo tempo perdonato chè anzi non aveva mai concepita veramente collera contro di lui, perchè anch'egli credeva Bertradina colpevole, e braccheggiava dietro a Cuno, dentro Roma sicuro e despota, per vendicare la seduzione della figlia. Bonizone, giunto alla sua ora finale, agonizzava.