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Voi poi, Cancelliere, chiamerete a conferenza il Maestro della mia Zecca, gli ordinerete di desistere dal far coniare, rivederete i suoi conti, e farete trasportare tutto l'oro e l'argento nel Forte.

Seconda. Che li mercatanti ed altri, che si trovassero avere ori ed argenti grezzi, cioè non lavorati, o in poca o in gran quantitá, non vorrebbono farli coniare; ma piuttosto li convertirebbono in far vasi o altre simili opere, o per o per altri, ovvero che se li terrebbono nelle casse loro rinchiusi. Terza.

E, quanto a me, io non posso credere che alcuno volesse, meno potesse tenere l'oro e l'argento cosí grezzo e non lavorato nella cassa ovvero in altro luogo rinchiuso e nascosto, eccetto però se a questo tale, per essere ricco di danari e trovandosene ancora in molta quantitá, non facesse mai di bisogno di farlo coniare.

La terza, che facciano provigioni di tempo in tempo, e particolarmente quando si dará principio all'osservazione delli presenti ordini, che tutti quelli, che porranno argenti nelle zeche per farli coniare, debbano ridurre la quinta parte di essi in monete minute, over altra porzione, come a' detti prencipi parerá, e di quelle leghe ch'essi conosceranno esser piú necessarie.

Non essendo state rinvenute monete ebree coniate, antecedenti al tempo dei Macabei, dobbiamo pertanto ammettere che il primo a coniare moneta fra loro sia stato Simone Macabeo a ciò autorizzato da Antioco Sidete. Di queste monete ne esistono ancora parecchie⁹¹. In certune d’esse si trovano impresse figure di palme, di pigne, di spighe, di covoni di grano; in certe altre si trova una foglia di vite, un grappolo d’uva, un fiore o un vaso di quelli consacrati agli usi del Tempio. Intorno alle figure di parecchie d’esse si leggono le leggende di Séchel Israél (Siclo d’Israele), Ierusalaim akedoss

Onde poi ne seguirebbe ch'essi piglierebbono molto meno, per conto delle loro mercedi, debite per le fatture dei danari, di un tanto per libra, da coloro che mettessero gli ori e gli argenti in zeca per farli coniare, di quello che ad essi zechieri fosse concesso per capitulazioni dai superiori di poter tôrre, quando che non fosse dato loro annuo salario o provigione alcuna.

Capo secondo, delli zechieri. La prima parte, ch'appartiene alli zechieri, è ch'essi avvertiscano di fare che i saggi dell'oro e dell'argento da doversi coniare siano giusti e non scarsi alla lega o finezza che segneranno sopra le monete; il che sará di loro grande onore.

Il simile avverrá a chi porrá oro o argento in zeca per farlo coniare; percioché pagherá le fatture del suo proprio, o con oro o argento avanzato al zechiero nel compartire e fare le monete, overo che pagherá di quegli istessi danari levati di zeca o d'altri, overo d'altre robbe, secondo che tra loro sará convenuto.

Dico anco che, se bene ciascuna maestranza ora crescerá ed ora calerá nelle sue mercedi in fare qualunque sorte di opere, ciò niente importa, perché neanco dalle maestranze si debbe regolare il coniare l'argento e l'oro.

E domandollo ancora il maestro, se le pene dello inferno erano così gravi come si diceva; rispose che infinitamente maggiori, e che con la lingua non si potrebbero coniare, ma che gliene mostrerebbe alcun saggio «....... Ed acciocchè la mia venuta a te sia con alcuno utile ammaestramento di te, rendendoti cambio di molti ammaestramenti che desti a me, porgimi la mano tua, bel maestro». La quale il maestro porgendo lo scolare scosse il dito della sua mano, che ardeva in su la palma della mano del maestro dove cadde una piccola goccia di sudore, e forò la mano dall'un lato all'altro con molto duolo e pena come se fosse stata una saetta focosa, ed acuta. «Ora hai saggio delle pene dello inferno» disse lo scolaro, e urlando con dolorosi guai sparì.