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Dodone, udendo, disse ad Angelino: Perdio! meglio a' tuoi giorni non dicesti: menale in casa e chiudi l'usciolino; ogni buon core in ciarle di fuor resti. Costoro attaccherebbono l'uncino con mille falsitá, mille pretesti, e l'ospitalitá saria tradita con l'amicizia in bocca piú forbita.

Fu bella cosa il vedere i votanti, ch'eran dugento al parlamento stati: novantanove certo poco avanti contrari ad Angelino erano andati; pur van tutti dugento allegri, ansanti, a casa del meschin che gli ha accettati; e ognuno si rallegra e ride e balla e giura: Io t'ho voluto con la palla.

Ad Angelino i nemici accoccavano che per le sue sventure era scempione, e che i sigilli regi non si davano a disadatte e stolide persone, le quai pel cervel debile e confuso potean far del sigillo qualche abuso. Il sir di Montalbano la mattina era eloquente e buon uffiziatore, ma dopo il pranzo egli era una cantina di vino, inutilaccio ed in furore.

La mano intera aggiunge al moncherino, e tenendo all'altar le luci fisse, ch'Illarion parea, non Angelino, sospirando e piangendo cosí disse: Dio, nel mio sen col vostro occhio divino tutto scorgete, e se per boria o risse concorro a quest'incarco, o s'è infinita necessitá di questa vostra vita.

Dall'altra parte par non istia male s'egli fu a' tempi del re Carlo Magno, perché veggiate sin nel funerale s'usava piú che la pietá il guadagno. Il dir ch'è morto Angelino, assai vale; d'aver questo narrato non mi lagno, perché vacante rimase il suo posto, per il qual molte cose verran tosto.

E molto amari ed aspri son gl'ingoffi di quegli uffizi nuovi e dell'assedio ad Angelino di Bellanda, solo concorrente al sigillo e buon figliuolo. Angelin di Bellanda è un cavaliere privo d'un occhio in battaglia perduto; monco ha il sinistro braccio, ed il brachiere porta, delle fatiche per tributo. Di Carlo avea servito alle bandiere ne' tempi andati, e gran sangue ha perduto.

Oh quanti alle miserie del meschino negato avean due scudi poco pria, d'impuntuale il povero Angelino accusando e di poca economia! Venuti or sono a dirgli: Io mi t'inchino: sento un piacer che, per l'anima mia, sono per impazzare: giá tu sai, quanto ben t'ho voluto sempremai.

Con bella grazia alcuni paladini diceano ad Angelino: Io t'ho voluto; ed alle figlie sue faceano inchini, narrando il lor buon core per minuto. Angelin gli ringrazia oltre a' confini, dicendo: Se m'avete conosciuto buon custode al sigillo, anche si vuole ch'io via conduca queste mie figliuole.

Rispondea l'altro: Ho un po' d'indigestione; stanotte io discorrei pel letto tutto, smaniai, sudai; se feci un sonnellino, sempre sognai col defunto Angelino. E' mi parea vederlo ogni momento che seco m'invitasse in paradiso. Taci , pazzerel; ch'è quel ch'io sento? diceva Berta e lo guardava fiso.

Bevendo alla bottega il cioccolato nella contrada di San Pietro, un giorno apoplettico cadde, e scilinguato rimase tosto e mai fece ritorno. I chirurghi e i dottor coll'ammalato lor salassi ed emetici provorno: Angelin di Bordea si stese morto, e cosí diede a que' dottori il torto. Molti discorsi fece la plebaglia, se fosse salvo o dannato Angelino.