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LUZIO. Guarda pur che tu non me dichi le bugie, che il mastro me voglia e poi non sia lo vero. MALFATTO. Alla , non dico bugie io. E me llo ave ditto ancora quell'altro che stava con quello, con esso. LUZIO. Ché diavolo non parli che sii inteso? MALFATTO. Orsú! Andamo, che te llo dirò poi domattina, fraschetta! LUZIO. Oh! tu me dice villania, sciagurato! MALFATTO. Me ciancio con teco.

Ah , raccomandatemi ancora di esser prudente. Se egli è pazzo, ho da esser savia io, che sono dei Matignon come lui? La prenda poi come vuole; io non intendo più di esser trattata come una bambina, come una schiava. Dopo quella villania, poi! È la prima, e deve bastare. Guai se incomincio a passargli le sue brutalit

FABRIZIO. Perché mi maraviglio che, avendo voi tanto bisogno di medico, vi lascino uscir di casa; ché, in ogni altro luogo che voi fusse, vi terreben legato. VIRGINIO. Legata dovevo io tener te, che mi vien voglia di scannarti! Portami un coltello. FABRIZIO. Vecchio, voi non mi conoscete bene; e ditemi villania, forse pensando ch'io sia forestiero.

Questo ed altro, perchè egli è proprio il mio gusto non lasciare nulla inosservato nelle voglie dei miei padroni per antivenire i desiderii loro; ciò nonostante mi parve villania rimandarla, attesa la riverenza della clarissima casa di cui la gentildonna afferma portare lo illustrissimo nome.

«Nota bene, perchè io non vo' che tu creda che noi ti usiamo villania, e devi persuaderti tu stesso, che è bene che tu muoia. Ti abbiamo frugato da capo ai piedi, e non ti abbiamo trovato immagine di Santo, corona di Madonna, ma questa borsa piena di agostari lucidi e nuovi, che fa piacere a vederli: questo gi

Noi siam di voglia a muoverci pieni, che restar non potem; però perdona, se villania nostra giustizia tieni. Io fui abate in San Zeno a Verona sotto lo ’mperio del buon Barbarossa, di cui dolente ancor Milan ragiona. E tale ha gi

LÚCIA. Omai di questo non mi san piú per tôr passion affanno, visto quanto in lui regni villania e ingratitudine; anzi, il grande amore è vòlto in odio. FRONESIA. Tel vo' dir. Suo danno! Io era, poco fa, , a la fenestra, quando il vidi apparir giú giú. E, d'allegrezza, non potei soffrire di venirti a chiamar; ma gli andai in contra e, giuntolo al fornaio, il salutai da parte tua.

No, sarebbe villanìa partire senza una parola ai compagni. D'altronde ho qualche impegno... Va, va pure; fra dieci minuti sarò a casa. Sicuro? Sicurissimo. Non mancate. No. E presto... Ho gi

«La salute del mio Re dunque richiede ch'io non vi lasci andare....» «No, Cavaliere; voi mi fareste villania, giovereste al Re; lasciatemi libero, chè ogni passo, ogni pensiero miei, sono per la preservazione della Casa di Manfredi.» «Noi perdiamo un valente compagno, il Re un leale vassallo....»

Tu parli propio da quel che sei. STRAGUALCIA. Parlo di quel che vi piace. PEDANTE. Vòimiti levar dinanzi? STRAGUALCIA. Io non vi ci fui mai dinanzi: benché non è restato da voi. PEDANTE. Al corpo di... STRAGUALCIA. Al corpo ci... Guarda chi mi vuol dir villania! Sa che non fece mai tristizia ch'io non sappia e che, s'io volesse, il potrei fare ardere, e pur mi sta a rompere il culo.