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Non credo che veder maggior tristizia Fosse in Egina il popol tutto infermo, Quando fu l'aer pien di malizia

E dire che la temperanza del giudizio e del linguaggio era più che in altri da attendersi in monsignor Blandini che stoicamente aveva esclamato: è da sciocco lamentare la tristizia dei tempi, quando, al dire di Sant'Agostino, TEMPORA NOS SUMUS!

È Pampinea che nel tempio consiglia le compagne di cercare con la vita allegra fuori Firenze scampo alla peste e conforto ai dolori che ad esse ha apportati; e tiene meraviglioso e lungo discorso, nel quale movendo dai consigli della fredda ragione, che induce l’uomo a conservare per ogni modo la vita, s’allarga ad esporre la tristizia dei tempi presenti e la malvagit

Ora ti dico, per contrario, che ogni bene, pace e riposo e quiete esce della vera povertá. Mirami pure l'aspecto de' veri povaregli: con quanta allegrezza e giocunditá stanno; mai non si contristano se non de l'offesa mia, la quale tristizia non affligge ma ingrassa l'anima.

Parole sussurrate da labbro a labbro, quasi paurose di essere udite dall'aria, chi potrebbe ridirvi? Quei due nobili cuori, separati dalla tristizia degli uomini, erano dunque resi a stessi, e si confondevano allora tanto più infiammati l'uno dell'altro, quanto più lunghi erano stati il desiderio e la pena? Si erano amati; si amavano.

Essendo cacciato dagli uomini, e maximamente dal ricco danpnato, non forbito governato da loro, Io provedevo che l'animale, che non ha ragione, leccasse le piaghe sue; e ne l'ultimo della loro vita vedete, col lume della fede, Lazzaro a vita etterna e il ricco ne l'inferno. che i ricchi stanno in tristizia e i dolci miei povarelli in allegrezza.

Vedi dunque quanto sonno ingannati! ché possono possedere e avere me, e possono fuggire la tristizia e avere letizia e consolazione, ed essi vogliono pure male, socto colore di bene, e dánnosi a pigliare l'oro con disordinato amore. Ma perché essi sonno aciecati con molta infedelitá, non cognoscono el veleno; veggonsi avelenati e non pigliano el rimedio.

Bene adunque si può questa bestia dire essere la concupiscenza carnale, la quale, lusinghevole insino alla morte, con tutte quelle mortali dolcezze ch'ella porge, facendosi incontro alla sensualitá umana, qualora l'animo, riconosciuta la tristizia di quella, da essa partir si vuole e alle divine cose tornarsi, con non piccola forza s'ingegna di ritenerlo, non partendoglisi dinanzi dal volto; quasi voglia dire: rammemorando tutte quelle persone che giá sono state amate, tutti quegli atti, tutte le parole che giá sono state piaciute; le lagrime, la promessa fede, i rotti sacramenti con pietoso aspetto ricordandogli; con false dimostrazioni suadendogli che questa castitá, questo proponimento riserbi agli anni vecchi, e non voglia ora perdere quello che mai non dee potere recuperare.

Essendo in miseria, dona a voi la grande ricchezza; stando in sul legno strecto della croce, egli spande la larghezza sua a ogni creatura che ha in ragione; assaggiando l'amaritudine del fiele, egli a voi perfectissima dolcezza; stando in tristizia, vi consolazione; stando confitto e chiavellato in croce, vi scioglie dal legame del peccato mortale; essendosi facto servo, ha facti voi liberi e tracti de la servitudine del dimonio; essendo venduto, v'ha ricomperati di Sangue; dando a morte, ha dato a voi vita.

Non credo ch'a veder maggior tristizia fosse in Egina il popol tutto infermo, quando fu l'aere si` pien di malizia, che li animali, infino al picciol vermo, cascaron tutti, e poi le genti antiche, secondo che i poeti hanno per fermo, si ristorar di seme di formiche; ch'era a veder per quella oscura valle languir li spirti per diverse biche.