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Aggiornato: 14 giugno 2025


Erano diversi giorni che il Vharè si faceva vedere imbronciato. Così non la può durare borbottò con l'amica. Sento, capisco, non mi volete bene. Lalla protestava; si stringeva nelle spalle sospirando, gemendo, spremendo qualche lacrimetta dagli occhi bellissimi e... non si andava più in l

In una delle sue gite a Santo Fiore, Prospero Anatolio aveva parlato lungamente colla duchessa, a proposito del Vharè. Lalla che da un'ora era occupata nel ritagliare le belle signore del figurino, era l

Invece, il conte Della Valle, il quale sperava una ben diversa accoglienza, non riusciva a spiegarsi tanta confusione, tanta incertezza, tanta freddezza. Una cosa sola era chiara, molto chiara: egli era capitato assai male a proposito. Il Vharè trovò Lalla nel solito salottino, ma non più avvolto nelle tenebre, così care ai fidi colloqui.

Il Rebaldi, gliene diceva contro di tutti i colori, rimproverando al Vharè di vivere alle spalle delle amanti, di far debiti e di non pagarli.

La sua mente, il suo spirito, erano in continua agitazione, in continuo tormento. Tra le sue angosce c'era anche la ripugnanza ch'ella sentiva adesso per il Vharè, una ripugnanza strana e dolorosa, che alle volte rivolgeva contro stessa, perchè le pareva di sentirsi tutto il corpo insudiciato da quella colpa.

Tuttavia, egli si conservava filosofo, e non si mostrava sgomento, triste, tanto più che dovendo tirarla innanzi col credito, avrebbe colla melanconia accresciuta la sfiducia. Il Vharè, del resto, conosceva gli uomini e le donne; e mentre si sarebbe guardato bene dal lasciar scorgere a' suoi amici le perturbazioni del proprio bilancio, a Lalla, invece, gliene scrisse tosto a Santo Fiore, scherzandovi sopra e confidandole che dubitava, per quell'inverno, di poterla raggiungere a Roma, temendo di doversi fermare a Borghignano ad ammirare il trotto di Adamastor e le pelliccie nuove dei Tangoloni; a far la corte alla Bertù, a confidarlo alla Calandr

Lalla, come aveva voluto, rimase dunque a Borghignano; e mentre Giorgio andava continuamente innanzi e indietro da Roma, ella perdeva il tempo e la pace a commettere imprudenze col Vharè, spinta dalla sua gelosia per la Soleil. Adesso però, la duchessina, per quanto facesse, non poteva ricuperare, tutto intero, il cuore di Giacomo.

Giacomo di Vharè ci teneva molto, presentemente, a farsi vedere in casa Della Valle e in casa d'Eleda. Finchè egli era ricevuto in quelle due grandi famiglie, nessun altro poteva arrogarsi il diritto di fargli sgarbi e, contenti o no, bisognava tollerarlo. Questo era l'argomento più forte che consigliava al Vharè di tenersi ancora legato a Lalla e che lo aveva spinto a ritornare dai d'Eleda, dove la freddezza con la quale Maria lo trattava gli era compensata dalla cordialit

Si addormentò alla fine, ma dormì male. Vedeva muoversi una figura di uomo, avvicinarsi e allontanarsi da lei, senza mai sparire. Quell'uomo ora pareva Sandrino, ora il marchese di Vharè, poi di nuovo Sandrino come l'aveva veduto nell'ultima scena del dramma: col petto nudo, colle braccia nude, coi capelli arruffati; e si faceva sovente così vicino, che la fanciulla ne sentiva il tepore.

Il Vharè si presentò subito a Maria, ma questa non ebbe il tempo di dirgli nulla: sentì un grido che le schiantò il cuore. Era stato il grido di Lalla, che aveva riconosciuta sua madre. Vieni!... Vieni via! Forse siamo ancora a tempo. Gli hanno scritto una lettera anonima. Vieni via!

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