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Eh! cherchez la femme, cherchez!... Cercate la donna, cercate! Si strinsero la mano e si guardarono in viso, tutti e due. Il Vharè se ne andò presto con la Bertù e col Rebaldi. Egli sperava di sfuggire all'occhio maligno di Pier Luigi, ma aveva cominciato troppo tardi ad essere prudente; quella sua visita a Lalla, così prolungata, determinò e precipitò la catastrofe.

Ben presto anche la contessa Della Valle e l'amico suo si accorsero del nuovo ambiente che si andava loro formando intorno. Nel palchetto, in teatro, erano lasciati soli, quasi sempre: in casa, appena arrivava Giacomo, le altre visite si dileguavano subito. Poi, le allusioni degli amici e delle amiche, le mezze parole, i sorrisi a freddo, i musi lunghi della Bertù, l'aria diplomatica della Prefettessa, e le effusioni della Calandr

Lalla, nascondendo le risatine, dietro il ventaglio, si divertiva a mettere la gente in caricatura, e la Bertù arricciava all'aria il naso aquilino, sempre malcontenta di tutto e di tutti e toglieva addirittura il respiro colle sue interrogazioni inconcludenti e scipite. Parlava senza mai una battuta di pausa, come il tè-tè-tè-tè monotono e stonato di una trombetta di legno.

La generalessa e la Bertù gli avevano tolto il saluto; il Toscolano riferiva che il Vharè andava tutti i giorni a desinare a scrocco dalla Soleil; i due Lastafarda, quantunque gli facessero il bello sul muso, perchè avevano paura di buscarsi una sciabolata, ne dicevano di cotte e di crude sul suo conto.

Lalla, la Giulia, la Bertù e la generalessa, corteggiate da Gianni Rebaldi, da qualche ufficiale di cavalleria e da due o tre piccoli segretari di Prefettura, formavano un circolo a parte.

La Bertù era gi

Tuttavia, egli si conservava filosofo, e non si mostrava sgomento, triste, tanto più che dovendo tirarla innanzi col credito, avrebbe colla melanconia accresciuta la sfiducia. Il Vharè, del resto, conosceva gli uomini e le donne; e mentre si sarebbe guardato bene dal lasciar scorgere a' suoi amici le perturbazioni del proprio bilancio, a Lalla, invece, gliene scrisse tosto a Santo Fiore, scherzandovi sopra e confidandole che dubitava, per quell'inverno, di poterla raggiungere a Roma, temendo di doversi fermare a Borghignano ad ammirare il trotto di Adamastor e le pelliccie nuove dei Tangoloni; a far la corte alla Bertù, a confidarlo alla Calandr

Giorgio e Lalla partirono per Nervi la sera stessa. Soli, soli, in un coupé colle finestrelle aperte, dalle quali entravano grandi ondate d'aria sana, dimentichi di tutto quanto avevano sofferto, si tenevano l'uno vicino all'altra, stretti insieme, come due innamorati da un mese, il conte Della Valle discorreva con sua moglie di molte cose, animandosi e sorridendo coll'allegria d'un fanciullo; discorreva dei loro disegni per l'estate, della vita tranquilla che avrebbero condotto a Nervi, della Giulia che doveva annoiarsi parecchio in compagnia della Bertù e della Calandr

Ma dunque?... non era innamorato come diceva?... Si rassegnava a perderla, e per sempre, senza ribellarsi, senza fiatare?... Oh, allora, per ripicco, voleva mostrarsi indifferente anche lei!... E per ciò, quando arrivarono le prime visite della Bertù e della Calandr

Lalla, accesa in volto, il respiro ansante e gli occhi che le sfavillavano, come se quei tepidi lancieri avessero sollevate per lei le complici ebbrezze del valzer, si appoggiava colla piccola personcina, tutta rorida e fremente, al braccio di Giacomo, che doveva ricondurla nel solito cantuccio dell'altra sala, fra la contessina Giulia, la Generalessa e la Bertù.