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DON IGNAZIO. O Dio, è questa l'ombra sua o qualche spirito ha preso la sua stanza? POLISENA. Toccala e vedi si è ombra o spirito. DON IGNAZIO. O don Ignazio, sei vivo o morto? e se sei vivo, sogni o vaneggi? e se vaneggi, per lo soverchio desiderio ti par di vederla?

Beatrice, vaneggi? Per fare quello che suggerisci essi non hanno mestieri dei tuoi consigli... e sono capaci da non lasciarti neanche gli occhi per piangere...

Nelle tue parole è contradizione manifesta. Ros. No, Alfredo; a te sembra.... a te. Ahimè! sappi che in verun luogo io corro tanto pericolo quanto in questa casa. Alf. Che favelli? qual mistero è questo? Ros. Il tempo stringe: domani sarò sposa. Alf. Tu? tu sposa? vaneggi! Ros. Compiangimi: il mio carnefice.... colui cui sono promessa è.... Alf. Chi mai? Ros.

Ma tu vaneggi dunque? Che circostanza? Di che intendi tu parlare? Di qual sostegno sogni tu? Il mio sostegno è mio marito. Se vi è un dovere per qualcuno, qui, gli è per me, che debbo rispettare il nome che porto, e l'uomo che me lo

NER. Chi sei, chi sei, perfida tu, che intera vaneggi Roma al tuo tornare; ed osi gridar tuo nome? Or qui, che fai? che imprendi con questo iniquo traditore? entrambi state in mia possa. Invan la plebe stolta vederti chiede. Ah! se mostrarti io deggio, spero, qual merti, almen mostrarti; estinta. OTTAV. Di me, Neron, come piú il vuoi, disponi.

Olimpio, tu hai sofferto nel capo; povero uomo! vaneggi. Per Dio! io non isvagello, don Francesco; dico la verit

Giana. Ma che hai? T’è entrata la febbre? Vaneggi? Mortella. Ah, no, non mi toccare. Ma nascondimi quei fiori, nascondimi quelle foglie... Giana. Sei pazza. Comincio a credere anch’io che sei veramente pazza, Mortella. Mortella. Ebbene, io ti dico una cosa incredibile. Non sono ancóra pazza. Guardami.

APOLLIONE. Tu dunque sei Carisio mio fratello? o che dolcezza è questa! sogno io o vaneggio? GERASTO. Ah, ah, ah! NARTICOFORO. Ah, ah, ah! certo che sogni e vaneggi. APOLLIONE. Per che cagione? GERASTO. Questi che voi non conoscete, si trasforma in qualunque uomo ei vede: per uscir dall'intrigo dove adesso si ritrova, subito s'ha finto tuo fratello.

La giovane era commossa ai cari accenti da lei sola intesi, e tremava vedendo torvo ruotarsi qual tempestosa nube lo sguardo del padre che impaziente spirando tosco dalle enfiate labbia proruppe Folle, a che vaneggi tu, a che muovi mistici detti? Ben io apprenderotti quale tu sia, e che sorte ti attenda. Qui vuolsi sangue, e tu il verserai. Però cessa dallo spargere ombra di lode a mia figlia: sarebbe in lei segno dell'odio mio la lode di un Nebiolo. Fra pochi o tuo padre sar