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Aggiornato: 1 giugno 2025
Sopra di lei un tetto di tela grigia, intorno a lei dei muri di tela grigia... Ah, ma i muri ondeggiavano, si aprivano un poco, e lasciavano penetrare la luce. Valeria vide delle case che passavano... e dei pezzi di negozio... e delle persone... La portavano per la strada... Che cosa aveva alla bocca?
Vedremo, rispose il prodigio, che non intendeva d'amare su comando. Fräulein Müller era agitata da mille reminiscenze. Era lì, a Dover, che la madre di Nancy, Valeria dolce e giovine e Italiana, le era venuta incontro ventiquattro anni fa!... Avevano preso il thè, con pane e burro, nel treno... Avevano entrambe perduto l'ombrello... e pioveva...
Giunta ad un ponticello gettato sopra un torrente, Valeria si fermò, appoggiandosi al parapetto; e, come si sporgeva a guardar giù, il cappello di Edith le cadde dalla testa, battè sull'acqua e seguì il filo rapido della corrente. Valeria lo rincorse lungo la sponda, ma il cappello, girando in mezzo all'acqua, si fermò contro un sasso sporgente.
Poco dopo comparve lo zio Giacomo, che veniva rapidamente a loro con una lettera in mano. Era una lettera di Nino; e l'ira dello zio Giacomo non aveva limiti. Nino era un mostro, era uno scemo, era un cretino, era un imbecille e figlio di imbecille!... E Valeria era una stupida e insensata creatura, che avrebbe potuto trattenere Nino e tenersi Nino e sposarsi Nino perchè Nino era un angelo e nessun marito avrebbe potuto essere più angelo di lui; e ora invece quel triplice estratto di insensata imbecillit
Il matrimonio doveva aver luogo quasi subito. Aldo era impaziente, e Nancy innamorata. E il Libro aspettava. Quindi Valeria partì per Milano a preparare il corredo, e Nancy doveva seguirla una settimana dopo. L'ultima sera nella villa Solitudine, Clarissa salì da Nancy per darle la buona notte in camera nella grande camera vuota in cui il capolavoro non era stato scritto.
Un'esclamazione, e poi una parola: «Inutile!» Valeria aprì gli occhi. Vide la faccia colle ali, un po' lontana, che teneva lo sguardo fisso sulla faccia dell'uomo cogli occhi rossi; questi era vicinissimo e chino sopra di lei. Due altre faccie erano, anche loro, chine a guardare qualche cosa che Valeria non vedeva, perchè quella cosa doveva essere sul suo cuscino.
E fu allora che Valeria sentì una grande nostalgia. Che altro poteva essere lo struggimento che provava? Certo, certo era di nostalgia che soffriva: aveva bisogno di vedere il sole d'Italia, di udire delle voci italiane, di trovarsi in mezzo a gente dai gesti facili, dagli occhi neri, dai capelli neri. Ah! sopratutto dai capelli neri!
V'era sul suo cappello qualche cosa di azzurro che faceva sembrare più azzurri i suoi occhi. Dietro di lei, in braccio a Valeria, la piccina agitava una piccola mano, inguantata di lana bianca, in segno di addio. Ecco: la campana battè il suo rintocco; si udì il fischio: il treno si mosse.
Tom e Valeria decisero di non correre rischi. Una mattinata nevosa, si misero tutti in viaggio per Landquart; ivi Tom doveva lasciarle proseguire da sole, il dottore avendogli raccomandato di tornare subito a Davos. Ma a Landquart la bambina piangeva, e Valeria piangeva; dunque Tom saltò nel treno con loro e disse che le accompagnerebbe fino a Zurigo; col
Con aria grave si picchiò leggermente le dita sul petto: Ho paura... sai... Cosa?... cosa?... e Valeria si sentì impallidire. Ma!... secondo me, è tisica, disse Nino. Valeria sobbalzò, strappando la sua mano dalla stretta di lui.
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