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Poco più che a magione umìl somiglia, E pur ivi m'invase quel tremore Che per solenne ossequio all'uom s'appiglia; E per quell'ara palpitai d'amore, Come mai palpitato io non avea, E in ver sentii ch'ivi sedea il Signore! Brev'ora fu, ma pure indi io sorgea Trasmutato in altr'uom, portando in seno Il Salvator che i mesti accoglie e bea.

Se dunque in tanti lochi, e 'n tanti tempi Tra l'armi il nome femminil s'avanza, Non dobbiam noi per così chiari esempi Tra' rischi avvalorar nostra speranza? Non dobbiam per la patria, e per li Tempi Vivamente provar nostra possanza? E ver nemico tal, che da lui vinte Potremo a gran ragion bramarci estinte.

Ver lui, che di guerrier fa nobil prove Oronte volge frettoloso il freno, E sollecito i fianchi al destrier punge: Ed, o Giassarte, egli gridò da lunge, Onde il terror, che da vittoria certa Si casca in fuga?

117 Di sua sciocchezza indarno ora si duole, ch'avendo il ver dal peregrino udito, lasciato mutar s'abbia alle parole di chi l'avea più volte gi

Gia` eravam da la selva rimossi tanto, ch'i' non avrei visto dov'era, perch'io in dietro rivolto mi fossi, quando incontrammo d'anime una schiera che venian lungo l'argine, e ciascuna ci riguardava come suol da sera guardare uno altro sotto nuova luna; e si` ver' noi aguzzavan le ciglia come 'l vecchio sartor fa ne la cruna.

1 Fu il vincer sempremai laudabil cosa, vincasi o per fortuna o per ingegno: gli è ver che la vittoria sanguinosa spesso far suole il capitan men degno; e quella eternamente è gloriosa, e dei divini onori arriva al segno, quando servando i suoi senza alcun danno, si fa che gl'inimici in rotta vanno.

O sventura, e fia ver? Caduto in fondo Di rea fortuna, che non tien mai fede, Il gran popol vedrem, che, a niun secondo, Di Quirino parea l'unico erede? Colui vedrem, che impallidir fe' il mondo, L'armi chinar d'un vincitore al piede? Al piè d'un vincitor, deposte in guerra, L'armi, che gi

Ond'ella, appresso d'un pio sospiro, li occhi drizzo` ver' me con quel sembiante che madre fa sovra figlio deliro, e comincio`: <<Le cose tutte quante hanno ordine tra loro, e questo e` forma che l'universo a Dio fa simigliante. Qui veggion l'alte creature l'orma de l'etterno valore, il qual e` fine al quale e` fatta la toccata norma.

Qual e` colui che cosa innanzi se' subita vede ond'e' si maraviglia, che crede e non, dicendo <<Ella e`... non e`...>>, tal parve quelli; e poi chino` le ciglia, e umilmente ritorno` ver' lui, e abbracciol la` 've 'l minor s'appiglia. <<O gloria di Latin>>, disse, <<per cui mostro` cio` che potea la lingua nostra, o pregio etterno del loco ond'io fui, qual merito o qual grazia mi ti mostra?

Ella, che 'l ver fin a quell'ora tacque, vuol che Filandro a riveder ne vada col lume in mano il morto ond'egli è reo: e gli dimostra il suo compagno Argeo.