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Aggiornato: 25 giugno 2025


Il pittore Rossetti era spesso nelle redazioni dei giornali per invitare i redattori a visitare i suoi quadri: il povero artista sperava, facendo parlare di , di attirare nel suo studio quei ricchi forestieri, dai quali attendeva la fortuna. Ubaldo Caruso ricevè un giorno il Rossetti e lo assicurò che presto lo avrebbe visto allo studio.

Ubaldo gettò uno sguardo sul quadro, che rappresentava Desdemona in atto di ascoltare il racconto delle battaglie di Otello, lo lodò immensamente e disse che se quel quadro era riuscito così, era merito non solo dell'autore di esso, ma anche della bellezza della signorina.

Ubaldo continuò: Lei, principe, ha i mezzi, ha l'intelligenza e ha l'energia, disse ninnando la testa con fare cortigianesco dinanzi a don Pio, lei, onorevole Carrani, ha la forza, la coltura, l'influenza. Io non sono, e non voglio essere altro che lo sbozzatore di una colossale statua moderna, loro sieno gli artefici che danno alla statua l'impronta dell'arte, l'impronta del genio!

Quando Ubaldo fu uscito per andarsi a vestire, ella, non potendosi muovere, giunse le mani e ringraziò Iddio di non aver permesso che suo marito leggesse quella lettera ardente da cui risultava con evidenza l'insulto fattole dal principe, da cui si capiva come e egli fosse pentito, ma innamorato sempre, più che mai innamorato.

Ubaldo nel parlare dello scopo della sua visita, disse incidentalmente che sua moglie era partita, era andata a Venezia. Questa notizia bastò a scotere don Pio, a fargli battere il cuore, a mettere un lampo di vita negli occhi spenti. Egli approvò l'invio in Africa del corrispondente e riprese a parlare, mostrò interesse per il giornale, per indurre Ubaldo a trattenersi sperando che riportasse il discorso sull'assente. E ottenne quello che voleva: Ubaldo gli narrò tutte le fasi della malattia di Maria, e sciolse anche questa volta un inno di lode alla sua dolce, alla sua buona e affettuosa compagna. In quel carattere basso l'ammirazione si estrinsecava in una maniera poco elevata; Ubaldo poneva nell'esaltare Maria la vanit

Adriana, accorse anche lei a casa dell'amica e vedendola così sconciamente esposta agli sguardi di tutti, fece uscire di camera gli estranei, le tolse i guanti, la sciarpa, la coprì, raccolse le vesti e si dette a vegliarla. Ubaldo non capiva nulla, pareva pazzo; non vedova nulla altro che quella povera donna che credeva dovesse spirare a un tratto.

Ubaldo, destandosi, aveva ricevuto la lettera del principe e stracciata la prima busta ne aveva veduta una seconda all'indirizzo della moglie.

Ubaldo cadeva dalle nuvole e assicurava a tutti che il principe non era guarito, tutt'altro che guarito, e che il suo cervello dava gravi apprensioni.

Per due anni quell'unione fu felice, ma poi, morto il padre del Caruso e trovatosi Ubaldo possessore di alcune decine di mila lire, lasciò il posto modesto occupato fino a quel giorno nella redazione del giornale Il Tempo, e volle andare a Milano con la speranza di trovar lavoro più lucrativo in quel campo più vasto del giornalismo italiano.

Quel contegno e il vederla sempre irritavano la passione di Ubaldo per Maria. Egli, dopo un anno di tentativi inutili per farsene una innamorata, avevala chiesta al vecchio pittore il quale avevagli detto: Ma prendila, prendila subito, è la più bella cosa che possiedo e sono lieto di dartela.

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